Adunanza Plenaria: i costi per la sicurezza, anche nel caso di appalti di lavori, vanno specificati pena l’esclusione dalla gara

Il massimo collegio di giustizia amministrativa, nella pronuncia 1 del 2015, chiamata a risolvere un contrasto giurisprudenziale, ha dichiarato che i costi relativi alla sicurezza, anche nel caso si tratti di un appalto relativo a lavori, vanno espressamente indicati.

La questione giurisprudenziale nasce da una disputa tra due tesi interpretative riguardanti l’art. 87 comma 4 del codice relativo agli onori aziendali. Sul punto, infatti, vi era chi sosteneva che tale disposizione andava applicata solo al caso di appalti relativi a servizi e infrastrutture.

L’adunanza plenaria, chiamata a risolvere la controversia, ha ribadito che la tesi non è condivisibile poiché, il PSC è riferito ai costi di sicurezza quantificati a monte dalla stazione appaltante, specialmente in relazione alle interferenze, e non alla quantificazione dei costi aziendali delle imprese. Inoltre, così come ribadito dal d.lgs. n. 81 del 2008 art. 100, “il committente o il responsabile dei lavori trasmette il piano di sicurezza e di coordinamento a tutte le imprese invitate a presentare offerte per l’esecuzione dei lavori” e, quanto agli appalti pubblici di lavori, che <<in caso di appalto di opera pubblica si considera trasmissione la messa a disposizione del piano a tutti i concorrenti alla gara di appalto>> (art. 101, comma 1). A ciò va aggiunto che, in virtù degli articoli 90 e 91, il PSC va redatto da parte del coordinatore per la progettazione che il committente designa nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici; e va presentato prima della presentazione delle offerte.

L’adunanza, inoltre, ritiene di dover interpretare gli articoli 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008 e 86, comma 3-bis, e 87, comma 4, del Codice secondo i principi previsti dalla Costituzione. Infatti, seppur da tali disposizioni, non risulta prescritto in modo espresso l’obbligo dei concorrenti di esporre i costi della sicurezza nelle offerte per lavori, il supremo collegio, ritiene si tratti di una normativa che, incidendo negativamente sulla completezza della previsione dei costi per la sicurezza per le attività più rischiose, risulterebbe incoerente con la prioritaria finalità della tutela della sicurezza del lavoro, che ha fondamento costituzionale negli articoli 1, 2 e 4 e, specificamente, negli articoli 32, 35 e 41 della Costituzione, e <<trascende i contrapposti interessi delle stazioni appaltanti e delle imprese partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, rispettivamente di aggiudicare questi ultimi alle migliori condizioni consentite dal mercato, da un lato, e di massimizzare l’utile ritraibile dal contratto dall’altro>> (Sez. V, n. 3056 del 2014, citata).

Per evitare una soluzione ermeneutica irragionevole e incompatibile con le coordinate costituzionali si deve allora accedere ad una interpretazione degli articoli 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008 e 86, comma 3-bis, del Codice, nel senso che l’obbligo di indicazione specifica dei costi di sicurezza aziendali non possa che essere assolto dal concorrente, unico in grado di valutare gli elementi necessari in base alle caratteristiche della realtà organizzativa e operativa della singola impresa, venendo altrimenti addossato un onere di impossibile assolvimento alla stazione appaltante, stante la sua non conoscenza degli interna corporis dei concorrenti

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