L’ informativa antimafia atipica non è vincolante per la stazione appaltante

L’informativa antimafia atipica, benché non priva di effetti nei confronti delle Amministrazioni, non ne comprime integralmente le capacità di apprezzamento, con la conseguenza che i provvedimenti di mantenimento o di risoluzione del rapporto devono essere comunque il frutto di una scelta motivata della stazione appaltante.

Le cc.dd. informazioni prefettizie antimafia, nel sistema normativo antecedente all’entrata in vigore del d. lgs. n. 159/2011, potevano essere ricondotte a tre tipi:   1) quelle ricognitive di cause di per sé interdittive, di cui all’art. 4, co., del d.Lgs. n. 490/1994;                                                                                                               2) quelle relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, la cui efficacia interdittiva discende da una valutazione del Prefetto;                                             3) quelle supplementari (o atipiche), la cui efficacia interdittiva scaturisce da una valutazione autonoma e discrezionale dell’Amministrazione destinataria dell’informativa.

In base a tali disposizione, quindi, il Prefetto può fornire informazioni alle P.A sulle stazioni appaltanti e, dato che ciò incide sulla discrezionalità di scelta dei contraenti, appare come un’informativa alle P.A sulle qualità dei contraenti. In tal senso appare come un preavviso agli stessi e appare come una sensibile amministrazione della soglia dell’autotutela amministrativa. (Consiglio di Stato, sez. III, 12 settembre 2013, n. 4511; C.G.A. in sede giurisd., 8 maggio 2013, n. 456; Consiglio di Stato, III, 18 aprile 2012, n. 2294; VI, 6 maggio 2008, n. 2014 e 3 maggio 2007, n. 1948).

In tal senso, quindi, tali informative servono solo ad “informare” e non impediscono alla P.A di porre in essere la qualsiasi attività con tali soggetti. Ciò comporta che i provvedimenti di mantenimento o risoluzione dei contratti devono essere comunque una scelta motivata della stazione appaltante. (Consiglio di Stato n. 4511/2013).

Nel caso di specie, il Tar Palermo nella sentenza n. 591 del 12 febbraio 2014 ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui il legame parentale, in sé considerato, non può essere addotto quale elemento in grado di supportare autonomamente l’informativa negativa e può assumere rilievo solo qualora emerga una concreta verosimiglianza dell’ipotesi di controllo o di condizionamento sull’impresa da parte del soggetto unito da tale legame al responsabile o amministratore dell’impresa stessa (per tutte Consiglio di Stato, VI, 7 aprile 2010, n. 1967). Oppure, è possibile far riferimento a tale rapporto di parentela quando emerga un intreccio di interessi economici e familiari, dai quali sia possibile desumere la sussistenza dell’oggettivo pericolo che rapporti di collaborazione intercorsi a vario titolo tra soggetti inseriti nello stesso contesto familiare costituiscano strumenti volti a diluire e mascherare l’infiltrazione mafiosa nell’impresa (ex plurimis C.G.A., sez. giur., 19 ottobre 2010 n. 1292).

Inoltre, il rischio di infiltrazione mafiosa deve trovare motivazione in circostanze di cui si possa apprezzare l’attualità al momento della decisione.

Nel caso di specie mancano i collegamenti con lo zio paterno perché morto quando la ricorrente era in giovane età; ciò posto l’amministrazione regionale, quindi, non ha valutato tale informazione, ma si è sostanzialmente limitata a recepirla acriticamente valutandola come ostativa ai benefici.

 

Di seguito la sentenza

N. 00591/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00629/2013 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 629 del 2013, proposto da:
Panzeca Marta, nella qualità di titolare della omonima ditta individuale, rappresentata e difesa dagli avv.ti Salvatore Pensabene Lionti e Tommaso Pensabene Lionti, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Palermo, via Giusti n. 45;

contro

– l’Assessorato delle Risorse Agricole e Alimentari della Regione Siciliana, Dipartimento regionale interventi strutturali per agricoltura – servizio XIII Ispettorato provinciale agricoltura di Palermo;
– la Prefettura di Palermo;
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via Alcide De Gasperi, n. 81, sono per legge domiciliati;

per l’annullamento

– del decreto n. 617/2013 del 22.02.2013 del dirigente del Servizio Ispettorato Provinciale Agricoltura di Palermo (Assessorato regionale delle Risorse Agricole e Alimentari) che ha disposto la revoca del Decreto D.D.S n.4286 del 08.11.2011 di concessione dell’aiuto previsto ai sensi del bando 2010 del “Programma di Sviluppo Rurale Regione Sicilia” 2007/2013, misura 112 – Pacchetto Giovani;

– della certificazione antimafia “atipica” trasmessa dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Palermo in data 30.10.2012;

– per quanto di ragione, della nota n. 19115 del 14.11.2012 dell’Ispettorato Provinciale Agricoltura di Palermo (Assessorato Risorse Agricole e Alimentari) di comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca;

per quanto di ragione, del provvedimento assessoriale (l’asserita “circolare” indicata nel decreto di revoca) prot. 37275 del 04.07.2011 del Dirigente Generale;

– di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, che possa comunque risultare lesivo per la ricorrente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato delle risorse agricole e alimentari della Regione Siciliana e la documentazione depositata;

Vista l’ordinanza cautelare n. 254 del 10 aprile 2013;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Prefettura di Palermo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il primo referendario dott.ssa Maria Cappellano;

Uditi alla pubblica udienza del giorno 12 febbraio 2014 i difensori delle parti, presenti come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

A. – Con ricorso notificato il 19 marzo 2013 e depositato il successivo 26 marzo, la ricorrente – in qualità di titolare di una ditta individuale esercente attività agrituristica, destinataria di un contributo concesso in base al bando 2010 del “Programma di Sviluppo Rurale Regione Sicilia” 2007/2013, misura 112 Pacchetto Giovani – ha impugnato gli atti in epigrafe indicati, con cui la Prefettura di Palermo ha adottato una informativa atipica e l’intimata amministrazione regionale ha revocato il predetto beneficio.

Si duole di detti atti deducendo le censure di:

1) violazione degli artt. e falsa applicazione degli artt. 82 e ss, 119 e 120 D. Lgs. n. 159/2011 e s. mm. e ii. – eccesso di potere per difetto del presupposto legittimante – sviamento, in quanto il decreto di revoca del contributo è stato adottato in una fase temporale, in cui la presupposta informativa atipica risultava ormai priva di effetti giuridici, in quanto non più prevista dal d. lgs. n. 159/2011;

2) violazione art. 10, co. 9, d.P.R. n. 252/1998 – violazione art. 1 septies D.L. n. 629/1982, conv. in l. n. 726/1982- violazione d. lgs. n. 490/1994 e art. 3 l. n. 241/1990 – eccesso di potere per difetto di motivazione – violazione del principio costituzionale della “libertà di impresa” – eccesso di potere per difetto dei presupposti, per irragionevolezza – sviamento, in quanto l’informativa atipica si basa sul mero legame parentale, di per sé insufficiente in assenza di ulteriori indizi del pericolo di condizionamento; e il competente Assessorato non ha esercitato alcun potere discrezionale per l’adozione dell’atto di ritiro;

3) violazione art. 10, co. 9, d.P.R. n. 252/1998 sotto ulteriore profilo – violazione d. lgs. n. 490/1994 e art. 3 l. n. 241/1990 sotto ulteriore profilo – eccesso di potere per difetto di motivazione sotto ulteriore profilo – violazione dell’art. 1 della l. n. 241/1990 e dei principi euro unitari in tema di motivazione degli atti della p.a. – eccesso irragionevolezza sotto ulteriore profilo – sviamento, in quanto l’Assessorato avrebbe dovuto adeguatamente motivare la scelta di revocare l’assegnazione del contributo in favore della ricorrente;

4) violazione art. 10 l. n. 241/1990 – violazione art. 3 l. n. 241/1990 sotto ulteriore profilo – eccesso di potere per difetto di motivazione sotto ulteriore profilo – violazione dell’art. 1 della l. n. 241/1990 e dei principi euro unitari in tema di motivazione degli atti della p.a. sotto ulteriore profilo – eccesso di potere per difetto di istruttoria -sviamento, in quanto l’Assessorato ha del tutto omesso di valutare le articolate memorie presentate dalla ricorrente in sede di partecipazione procedimentale;

5) violazione dei principi in tema di controllo – eccesso di potere per irragionevolezza sotto ulteriore profilo, in quanto il censurato decreto è stato notificato alla ricorrente seppure fosse ancora in corso la registrazione alla Corte dei Conti.

Ha concluso per l’accoglimento del ricorso, con il favore delle spese.

B. – Si è costituito in giudizio l’Assessorato delle Risorse Agricole e Alimentari della Regione Siciliana, depositando documentazione.

C. – Con ordinanza cautelare n. 254 del 10 aprile 2013 è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati.

D. – Con successivo atto si è costituita la Prefettura di Palermo, senza spiegare difese scritte.

E. – All’udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2014 il ricorso è stato posto in decisione su conforme richiesta dei difensori delle parti, presenti come da verbale.

DIRITTO

A. – Viene in decisione il ricorso promosso dalla sig.ra Marta Panzeca, titolare di una ditta individuale esercente attività agrituristica e destinataria di un contributo concesso in base al bando 2010 del “Programma di Sviluppo Rurale Regione Sicilia” 2007/2013, misura 112 Pacchetto Giovani, la quale ha impugnato l’informativa atipica adottata dalla Prefettura di Palermo e il conseguente provvedimento, con cui la resistente amministrazione regionale ha revocato il beneficio economico.

B. – Ritiene il Collegio di confermare la delibazione assunta in fase cautelare, atteso che il ricorso è fondato, per ritenuta fondatezza delle (assorbenti) censure di difetto di motivazione ed eccesso di potere per difetto dei presupposti.

B.1. – Com’è noto, le cc.dd. informazioni prefettizie antimafia, nel sistema normativo antecedente all’entrata in vigore del d. lgs. n. 159/2011, potevano essere ricondotte a tre tipi: 1) quelle ricognitive di cause di per sé interdittive, di cui all’art. 4, co., del d.Lgs. n. 490/1994; 2) quelle relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, la cui efficacia interdittiva discende da una valutazione del Prefetto; 3) quelle supplementari (o atipiche), la cui efficacia interdittiva scaturisce da una valutazione autonoma e discrezionale dell’Amministrazione destinataria dell’informativa, che rinviene il suo fondamento normativo nel combinato disposto dell’art. 10, co. 9, del d.P.R. n. 252/1998 e dell’art. 1 septies del d.l. n. 629/1982 convertito nella l. n. 726/1982, nonché nell’art. 10, comma 7, lett. c), del d.P.R. n. 252/1998, vigenti ratione temporis.

In base a tali disposizioni il Prefetto può fornire alle stazioni appaltanti (e ai soggetti erogatori di finanziamenti pubblici) informazioni attraverso lo strumento delle informative atipiche, le quali non hanno carattere interdittivo, ma consentono l’attivazione degli ordinari strumenti di discrezionalità nel valutare l’avvio o il prosieguo dei rapporti contrattuali alla luce dell’idoneità morale del partecipante alla gara di assumere la posizione di contraente con la p.a.; sicché, l’efficacia preclusiva delle stesse scaturisce da una valutazione autonoma e discrezionale dell’amministrazione destinataria, dovuta alla circostanza che esse rappresentano una sensibile anticipazione della soglia dell’autotutela amministrativa (in tal senso: Consiglio di Stato, sez. III, 12 settembre 2013, n. 4511; C.G.A. in sede giurisd., 8 maggio 2013, n. 456; Consiglio di Stato, III, 18 aprile 2012, n. 2294; VI, 6 maggio 2008, n. 2014 e 3 maggio 2007, n. 1948).

In altri termini, l’informativa antimafia atipica, benché non priva di effetti nei confronti delle Amministrazioni, non ne comprime integralmente le capacità di apprezzamento, con la conseguenza che i provvedimenti di mantenimento o di risoluzione del rapporto devono essere comunque il frutto di una scelta motivata della stazione appaltante (v. Consiglio di Stato n. 4511/2013 cit.).

Nel caso di specie, viene in rilievo questa terza tipologia, in quanto il Servizio Ispettorato Provinciale Agricoltura di Palermo (del resistente Assessorato regionale delle risorse agricole e alimentari) ha ritenuto le informazioni, rese ex art. 1 septies della l. n. 726/1982 dalla Prefettura di Palermo con l’impugnata nota datata 30.10.2012, ostative alla prosecuzione del rapporto instauratosi con la concessione del contributo finanziario.

L’informativa atipica adottata dalla Prefettura fa leva unicamente sul legame familiare che lega la ricorrente con lo zio paterno e con il fratello della nonna della ricorrente, deceduto nel 1990.

Con specifico riferimento al rapporto di parentela con soggetti controindicati, va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui il legame parentale, in sé considerato, non può essere addotto quale elemento in grado di supportare autonomamente l’informativa negativa e può assumere rilievo solo qualora emerga una concreta verosimiglianza dell’ipotesi di controllo o di condizionamento sull’impresa da parte del soggetto unito da tale legame al responsabile o amministratore dell’impresa stessa (per tutte Consiglio di Stato, VI, 7 aprile 2010, n. 1967); o, comunque, quando emerga un intreccio di interessi economici e familiari, dai quali sia possibile desumere la sussistenza dell’oggettivo pericolo che rapporti di collaborazione intercorsi a vario titolo tra soggetti inseriti nello stesso contesto familiare costituiscano strumenti volti a diluire e mascherare l’infiltrazione mafiosa nell’impresa (ex plurimis C.G.A., sez. giur., 19 ottobre 2010 n. 1292).

Va, anche rammentato che, sempre in materia di informativa antimafia, il rischio di infiltrazione mafiosa deve trovare motivazione in circostanze, di cui si possa apprezzare l’attualità al momento della valutazione (per tutte, la sentenza di questo Tribunale n. 1564 del 4 dicembre 2008).

Orbene, nella fattispecie in esame, non sono stati indicati elementi volti a dimostrare, anche solo in via potenziale, l’influenza esercitata sulla ricorrente; e, soprattutto, non si è tenuto conto della circostanza che uno dei due parenti indicati nell’informativa atipica – parente in linea collaterale di quarto grado (fratello della nonna della ricorrente) – è morto nel 1990, quindi in epoca in cui la ricorrente aveva pochi anni di vita, e oltre venti anni prima della adozione della informativa.

Per quanto attiene, poi, all’altro parente (zio paterno), nulla è specificato nella nota informativa, mentre parte ricorrente, già in sede di osservazioni presentate al competente Assessorato in replica alla comunicazione di avvio del procedimento di revoca, aveva segnalato la assenza di rapporti con tale soggetto.

In ordine a l rapporto di parentela, rileva il Collegio che, neppure dall’esame della documentazione versata in atti dalla p.a. è dato evincere alcun ulteriore elemento o dato – se non dati risalenti nel tempo e riferibili solo alle vicende giudiziarie dello zio paterno – sintomatico di un possibile collegamento tra quel soggetto e la ricorrente, neppure a livello di mera frequentazione, così da denotare la presenza di oggettive connessioni, rilevanti in punto di inferenza logica, di tale contesto relazionale con le vicende dell’impresa.

Se, dunque, l’informazione prefettizia impugnata si basa unicamente sui descritti rapporti di parentela, l’amministrazione regionale destinataria della stessa, si è, dal canto suo, limitata a recepirla acriticamente, ritenendola motivo ostativo al mantenimento, in capo alla ricorrente, del contributo ottenuto, senza effettuare una propria autonoma valutazione; e ritenendo, erroneamente, utile il richiamo ad una nota ispettoriale, cautelativamente impugnata, relativa ad altro soggetto – destinatario, come la ricorrente, di un contributo – la quale, peraltro, ha costituito oggetto di autonoma impugnativa davanti alla sezione catanese di questo Tribunale (v. ricorso R.G. n. 1134/1012, definito con sentenza di accoglimento n. 349/2014).

Nessun riferimento è stato fatto ad una, sia pure minima, valutazione delle ragioni, per cui gli elementi indicati dalla Prefettura inducevano ad una determinazione negativa, effettuando, così, una sostanziale equiparazione della informativa atipica a quella tipica, non consentita dalla normativa all’epoca vigente.

Il decreto di revoca del contributo risulta, peraltro, del tutto sfornito di motivazione anche con riferimento alle puntuali osservazioni presentate dalla ricorrente, del cui contenuto non risulta che la p.a. procedente abbia tenuto conto, con relativa fondatezza anche della dedotta violazione dell’art. 10 della l. n. 241/90.

C. – Da quanto rilevato ed esposto, segue che entrambi i provvedimenti impugnati – decreto n. 617/2013 e informativa atipica datata 24.10.2012 – non resistono alla dedotta censura di carenza di istruttoria e della motivazione; mentre l’informativa atipica non regge neppure al dedotto vizio di eccesso di potere per difetto dei presupposti: entrambi gli atti devono, pertanto, essere annullati, fatti salvi gli eventuali, ulteriori, provvedimenti delle amministrazioni, ciascuno per quanto di rispettiva competenza.

D. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto annulla il decreto n. 617/2013 del 22.02.2013 del dirigente del Servizio Ispettorato Provinciale Agricoltura di Palermo (Assessorato regionale delle Risorse Agricole e Alimentari), e la certificazione antimafia “atipica” emessa dalla Prefettura di Palermo in data 24.10.2012.

Condanna l’Assessorato delle Risorse Agricole e Alimentari della Regione Siciliana e la Prefettura di Palermo, in solido fra di loro, al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in favore della ricorrente Marta Panzeca, quantificandole in € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre oneri accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Filoreto D’Agostino, Presidente

Aurora Lento, Consigliere

Maria Cappellano, Primo Referendario, Estensore

10 Marzo 2014

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