Corte Costituzionale: dichiarata illegittima la legge della Regione Siciliana 14/2015

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 263/2016 ha disposto l’illegittimità dell’art. 1 della legge della Regione siciliana 10 luglio 2015, n. 14 per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione che sostituisce il comma 6 dell’art. 19 della legge della Regione siciliana 12 luglio 2011, n. 12 e inserisce i nuovi commi 6-bis, 6-ter e 6-quater, riguardanti la valutazione delle offerte anomale. In particolare, infatti, l’intervento legislativo incide in maniera pregnante sulla tutela della concorrenza e va a determinare un meccanismo di esclusione automatica delle offerte anomale, diverso da quello previsto dal codice dei contratti, e ritenuto come arbitrario perché disposto da una mera decisione assessoriale che, a detta del Collegio, non appare opportuna ai fini della verifica della congruità dell’offerta.

In particolare, sebbene sia prevista dallo statuto della Regione Siciliana, la potestà legislativa per ciò che concerne i lavori pubblici di esclusivo interesse regionale o provinciale, tale potestà deve essere esercitata nel rispetto della Costituzione, dei principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, degli obblighi internazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali.

È, infatti, pacifico che le disposizioni del d.lgs. n. 163 del 2006 regolanti le procedure di gara, anche se relative ad appalti sotto soglia sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza e vanno ascritte all’area delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, nonché delle norme con le quali lo Stato ha dato attuazione agli obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea, sicché le autonomie speciali non possono dettare discipline da esse difformi (sentenze n. 187 e n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 328, n. 184 e n. 114 del 2011, n. 221 e n. 45 del 2010).

La legge della Regione siciliana n. 12 del 2011 ha recepito il codice dei contratti del 2006, fatta eccezione per talune norme dichiarate non applicabili, e ha dettato una disciplina in parte derogatoria e in parte integrativa di quella statale.

La disciplina regionale in esame, dunque, si differenzia da quella codicistica, in primo luogo, in punto di individuazione della soglia di anomalia delle offerte nei contratti sotto soglia (artt. 122, comma 9, e 124, comma 8, che rinviano all’art. 86), affidata ad un diverso criterio matematico (commi 6 e 6-bis).

Egualmente difforme è la previsione dell’obbligo di presentazione, in via preventiva, delle analisi giustificative dell’offerta, qualora quest’ultima presenti un ribasso inferiore al 25 per cento, obbligo che, in assenza di specificazioni o di legami con i commi precedenti, deve ritenersi riguardare sia gli appalti sopra soglia che quelli sotto soglia (comma 6-ter).

Tale obbligo, infatti, era imposto dall’art. 86, comma 5, del codice dei contratti, ma è stato in seguito eliminato dall’art. 4-quater, comma 1, lettera b), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.

Non conforme alla disciplina nazionale è anche la disposizione del comma 6-quater.

Mentre il codice, infatti, fissa direttamente un articolato procedimento in contraddittorio con le imprese che hanno presentato offerte anormalmente basse (art. 88), indica i criteri di verifica di tali offerte (art. 87) e gli strumenti di rilevazione della congruità dei prezzi (art. 89), affidandone la conseguente ponderazione alle stazioni appaltanti, la disposizione regionale impugnata demanda a un decreto assessoriale l’individuazione di non meglio specificate modalità di verifica per la congruità dell’offerta (e di eventuali ulteriori disposizioni per la valutazione della corrispondenza fra le previsioni formulate in sede di verifica di congruità dell’offerta e l’esecuzione delle opere).

Pertanto, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte, dunque, le disposizioni impugnate, avendo disciplinato istituti afferenti alle procedure di gara in difformità dalle previsioni del codice dei contratti pubblici, sono costituzionalmente illegittime per avere violato i limiti statutari posti al legislatore regionale nella disciplina dei lavori pubblici.

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