Non è motivo di esclusione la incompletezza o la erroneità della dichiarazione

Nella sentenza TAR Catania 2929/2013 i giudici del primo grado di giurisdizione si sono espressi sulla scusabilità dell’errore ammettendo la possibilità di poter rettificare l’errore derivato da negligenza della pubblica amministrazione.

Nella fattispecie concreta, infatti, i giudici del capoluogo catanese sebbene hanno voluto riprendere quanto stabilito dalla giurisprudenza dominante, secondo la quale le dichiarazioni postume non comportano la revisione della graduatoria, per evitare che la stessa venga “sostanzialmente” decisa dall’ammissione o meno delle stesse da parte della stazione appaltante, hanno ammesso dei casi in cui ciò debba essere possibile.

Non è possibile, infatti, secondo i giudici del TAR di Catania che la ditta che presenta una dichiarazione resa rispettando il modulo predisposto dalla stessa Amministrazione venga esclusa. Nel caso specifico, infatti, ciò non può comportare l’esclusione dalla gara perché si tratterebbe di applicare clausole “speciali” che essendo contradditorie, equivoche ed ambigue, possono ingenerare l’errore.

In tal senso, infatti, il TAR di Catania ha accolto il ricorso poiché l’Amministrazione appaltante avrebbe dovuto permettere la correzione della dichiarazione, integrandola con uno speculare modulo predisposto, anziché procedere all’esclusione della stessa.

Di seguito la sentenza completa

N. 02929/2013 REG.PROV.COLL.

N. 02610/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 2610 del 2013, proposto da:
Urania Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Arcifa e Giovanni Immordino, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Catania, via Gabriele D’Annunzio, n. 111;

contro

Urega – Sezione Provinciale di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
Comune di San Piero Patti, non costituito in giudizio.

nei confronti di

I.Ge.Co. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Dover Scalera, Gabriele Di Paolo e Valentina Magnano San Lio, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Catania, via Vincenzo Giuffrida, n. 37;

per l’annullamento

– della determina del responsabile dell’Area Tecnica del Comune di S. Piero Patti n. 44 del 7.10.2013, comunicata con nota prot.n. 13.345 di pari data, con la quale è stata aggiudicata definitivamente la gara avente ad oggetto “Opere di consolidamento zona centro abitato compresa tra la via L. da Vinci e la Via Catania” alla IGECO s.r.l.;

– del verbale di gara dei giorni 5, 6, 7, 8 e 9 agosto 2013, nella parte in cui è stata ammessa alla gara in oggetto la I.GE.CO. s.r.l.;

– del verbale di gara dei giorni 5, 6, 7, 8 e 9 agosto 2013 nella parte in cui è stata aggiudicata provvisoriamente la gara in oggetto alla I.GE.CO. s.r.l., invece che alla ricorrente, seconda classificata;

– nonché degli atti tutti presupposti, connessi e consequenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Urega – Sezione Provinciale di Messina e di I.Ge.Co. S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2013 il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I. Con bando ritualmente pubblicato, il Comune di San Piero Patti ha indetto una gara per le «opere di consolidamento zona centro abitato compresa tra la via L. da Vinci e la Via Catania».

Il disciplinare di gara, all’art. 3 dei documenti da contenere a pena di esclusione nella busta “A”, richiedeva “una dichiarazione sostitutiva ai sensi del DPR 445/00 … con la quale il concorrente…assumendosene la piena responsabilità …” avrebbe dovuto dichiarare “indicandole specificamente di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 38 … e dell’art. 1, comma 1, del Codice Antimafia”.

Sempre il disciplinare di gara prevedeva che “la domanda, le dichiarazioni e le documentazioni di cui ai punti 1), 2), 3), 4), 5), 6) 7), 8), a pena d’esclusione salvo ove diversamente specificato, devono contenere quanto previsto nei predetti punti”.

Il bando di gara, all’art. 14, rubricato “Criteri di aggiudicazione”, precisava inoltre che “il prezzo offerto deve essere determinato, ai sensi dell’art, 1 comma 89 l.r. n. 20/2007, mediante offerta espressa in una cifra percentuale di ribasso, con quattro cifre decimali, sull’importo complessivo a base d’asta, applicabile uniformemente a tutto l’elenco prezzi posto a base di gara secondo le norme e con le modalità previste nel disciplinare di gara. Si precisa che non si terrà conto delle eventuali cifre oltre la quarta”.

La gara si concludeva con l’aggiudicazione in favore della I.GE.CO. s.r.l..

Con ricorso passato per la notifica il 17.10.2013 e depositato il 29.10.2013, la ricorrente ha impugnato siffatta aggiudicazione, premettendo che la suddetta Impresa avrebbe dovuto essere esclusa: a) avendo omesso il legale rappresentante Giulio Toppetta di rendere compiutamente la dichiarazione di cui all’art. 3, lett. a), del disciplinare di gara non avendo in particolare dichiarato “di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 1, comma 1 del Codice Antimafia”; b) avendo presentato un’offerta recante solo tre cifre decimali in luogo delle quattro prescritte dal bando di gara, nonché dall’art. 1, comma 9, della l.r. 20/2007.

Qualora la suddetta Impresa fosse stata esclusa dalla gara, la ricorrente, seconda classificata, sarebbe risulta aggiudicataria.

Quindi, ha così esposto le proprie censure:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, lett. a), del disciplinare di gara in relazione all’art. 1, comma 1, del Codice Regionale Antimafia.

L’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa per non avere reso, come necessario e a pena di esclusione, la dichiarazione di cui all’art. 1, comma 1, del Codice Regionale Antimafia.

La stessa, infatti, avrebbe non solo omesso di dichiarare l’assenza della suddetta condizione, ma, di più, avrebbe, altresì, depennato quella a tal fine predisposta dalla stazione appaltante nel modello di partecipazione alla gara, aggiungendo, poi, soltanto la dichiarazione relativa all’art. 38 del codice degli appalti.

Tale previsione omessa e prevista dal bando di gara, inoltre, sarebbe coerente con l’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006, così come chiarito dalla AVCP con determinazione n. 4/2012.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 9, della l.r. n. 20/2007, nonché dell’art. 3 della l.r. n.16/2003, in relazione all’art. 14 del bando di gara.

Asserisce la ricorrente che il bando di gara, all’art. 14, in coerenza con la normativa sopra calendata, imponeva ai concorrenti di formulare l’offerta con l’utilizzo di quattro cifre decimali che avrebbero dovuto tutte essere indicate.

La I.GE.CO. s.r.l. ha formulato la propria offerta, consistente nel ribasso del 30,655%, utilizzando soltanto tre cifre decimali e il seggio di gara l’ha ritenuta legittima, limitandosi ad aggiungere, autonomamente, uno zero finale a detta cifra.

Anche tale incompletezza avrebbe dovuto, invece, essere sanzionata con l’esclusione dalla gara.

La suddetta previsione del bando sarebbe coerente con l’art. 11, co. 6, del D.P.R.S. 31/1/2012 n. 13, le cui previsioni, per espressa previsione della l. r. n.12/2011, costituirebbero altrettanti motivi di esclusione ai sensi dell’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006.

Costituitesi, sia l’Urega che la controinteressata hanno concluso per l’infondatezza del ricorso.

Alla Camera di Consiglio del 21.11.2013, i difensori delle parti sono stati avvisati che il Collegio, ai sensi dell’art. 60 c.p.a., avrebbe potuto definire il giudizio con sentenza in forma semplificata.

Indi, la causa è stata trattenuta per la decisione.

II. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente sostiene l’illegittimità dell’ammissione alla gara della aggiudicataria controinteressata, nonostante la stessa non abbia reso la prescritta dichiarazione di cui all’art. 1 del Codice Antimafia e Anticorruzione della Pubblica Amministrazione, vigente nella Regione Sicilia.

Il Collegio concorda con la ricostruzione di parte ricorrente, secondo la quale la detta prescrizione avrebbe dovuto essere resa a pena di esclusione.

In disparte, infatti, l’espressa comminatoria contenuta nel bando, il predetto art. 1 così recita: “1. Al fine di prevenire infiltrazioni di tipo mafioso o comunque riconducibili alla criminalità organizzata nelle pubbliche amministrazioni della Regione Siciliana e fermo restando quanto previsto dall’art. 38 D.Igs. n°163/2006 e successive modifiche e integrazioni, sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento, delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:

a) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna definitiva, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per reati di criminalità di tipo mafioso o comunque riconducibili ad organizzazioni criminali, nonché per reati di concussione (art. 317 c.p.), corruzione (artt. da 318 a 322 c.p.), scambio elettorale politico mafioso (art. 416 ter c.p.), rapina (art. 628 c.p.), estorsione (art.629 c.p.), usura (ad. 644 c.p.), ricettazione (art.648 c.p. esclusa l’ipotesi prevista dal cpv. di tale articolo), riciclaggio (art. 648-bis c.p), impiego di denaro, beni o altri utilità di provenienza illecita (art.648 ter c.p.), trasferimento fraudolento di valori (art. 12 quinques Legge n. 356/92), reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale, fra cui quelli di truffa aggravata ai danni dello Stato ( ad. 640 cpv. 1 c.p.), turbata libertà degli incanti (ad. 353 c.p.), frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.). L’esclusione e il divieto operano se la sentenza è stata emessa nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di imprese individuali; del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari se si tratta di società accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri di avere adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata”.

Così come condivisibilmente chiarito dalla AVCP, con determinazione n. 4/2012, la dichiarazione è coerente con l’art. 46, comma 1 bis, del Codice dei contratti, che, come meglio sarà precisato, ha tipizzato le cause di esclusione delle partecipanti alle selezioni ad evidenza pubblica.

La detta decisione dell’Autorità di Vigilanza si è, infatti, così espressa: <<si ritiene legittimo prescrivere, a pena di esclusione, l’accettazione delle condizioni contrattuali contenute nella documentazione di gara.

<<Ciò avviene, di norma, mediante una espressa dichiarazione con la quale il concorrente dichiara di aver esatta cognizione del contenuto delle stesse, fatta comunque salva la facoltà dell’esecutore di apporre eventuali riserve in fase di esecuzione nei modi ed entro i limiti consentiti dalla normativa vigente.

<<Più in dettaglio, a titolo esemplificativo, possono citarsi:

omissis

<<(v) l’accettazione degli obblighi in materia di contrasto delle infiltrazioni criminali negli appalti previsti nell’ambito di protocolli di legalità/patti di integrità..

<<Alcune puntualizzazioni si rendono necessarie con riguardo a tale ultima fattispecie.

<<I cd. protocolli di legalità/patti di integrità sanciscono un comune impegno ad assicurare la legalità e la trasparenza nell’esecuzione di un dato contratto pubblico, in particolar modo per la prevenzione, il controllo ed il contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa, nonché per la verifica della sicurezza e della regolarità dei luoghi di lavoro. Nei protocolli le amministrazioni assumono, di regola, l’obbligo di inserire nei bandi di gara, quale condizione per la partecipazione, l’accettazione preventiva, da parte degli operatori economici, di determinate clausole che rispecchiano le finalità di prevenzione indicate.

<<Deve ritenersi che la previsione dell’accettazione dei protocolli di legalità e dei patti di integrità quale possibile causa di esclusione sia tuttora consentita, in quanto tali mezzi sono posti a tutela di interessi di rango sovraordinato e gli obblighi in tal modo assunti discendono dall’applicazione di norme imperative di ordine pubblico, con particolare riguardo alla legislazione in materia di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata nel settore degli appalti.

<<Mediante l’accettazione delle clausole sancite nei protocolli di legalità al momento della presentazione della domanda di partecipazione e/o dell’offerta, infatti, l’impresa concorrente accetta, in realtà, regole che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla gara e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, sanzioni di carattere patrimoniale, oltre alla conseguenza, comune a tutte le procedure concorsuali, della estromissione dalla gara (cfr. Cons. St., sez. VI, 8 maggio 2012, n. 2657; Cons. St., 9 settembre 2011, n. 5066)>>.

Tuttavia, ritiene il Collegio che colga nel segno la difesa della controinteressata, nella misura in cui ha sostenuto che l’allegato all’offerta, predisposto dalla stessa Amministrazione al fine di rendere una compiuta dichiarazione, prevedendo l’esclusione dalla gara soltanto nel caso di mancata barratura di una delle due ipotesi previste in ordine alla dichiarazione da rendere in riferimento all’art. 38, lett. c), codice degli appalti (per come si evince, ulteriormente, dalla dicitura “oppure in alternativa”, ivi apposta), ha potuto ingenerare l’errore nel concorrente chiamato a rendere la dichiarazione ritenuta insussistente.

Ed invero, la ricorrente non ha omesso di rendere la seconda delle due dichiarazioni espressamente previste e di indicare, così come richiesto, la condanna di primo grado subita, ritenendo, così, di aver compiutamente assolto all’onere procedimentale imposto dall’Amministrazione.

Sulla questione della “scusabilità dell’errore” nelle ipotesi analoghe a quella in esame, questa Sezione, rivedendo un precedente orientamento, ha già avuto modo di pronunziarsi (cfr. T.A.R. Catania. IV, 5.4.2013, n. 988).

La detta decisione ha, preliminarmente, dato atto del revirement della stessa Sezione, rammentando che con precedente sentenza (cfr. TAR Catania, IV, 22.11.2012, n. 2638), secondo la quale, in caso del tutto analogo, era stato ritenuto inapplicabile <<il principio del legittimo affidamento,. . . non invocabile, atteso che, diversamente, l’applicazione di norme imperative, quale quella di cui si discute>>, vale a dire l’art. 38 del codice dei contratti, <<sarebbe subordinata al comportamento più o meno diligente, o, finanche, compiacente, dell’Amministrazione appaltante, che avrebbe così il potere, inserendo o meno una certa dichiarazione nel modello all’uopo predisposto, o omettendo di richiamare una certa disposizione nel bando di gara, di condizionare l’esito di una gara, ammettendo imprese che potenzialmente non hanno uno o più requisiti fondamentali>>.

In quest’ottica, continua la sentenza n. 2638/12, <<non può quindi pensarsi ad un dovere di “soccorso” dell’Amministrazione appaltante, al fine di consentire eventuali integrazioni postume, e diventa irrilevante che l’impresa poi illegittimamente ammessa si riveli in possesso del requisito che ha omesso di dichiarare, perché altrimenti, così ragionando, tale soluzione dovrebbe essere ammessa sempre, o per lo meno ogniqualvolta l’Amministrazione abbia commesso errori di qualsiasi tipo, creando un inammissibile caos, e vanificando così tutto il sistema delle previste dichiarazioni, finalizzato a consentire un controllo delle dichiarazioni rese solo per i soggetti aggiudicatari>>.

Come premesso, con la citata sentenza n. 988/13, la Sezione ha rivisto il proprio convincimento, che il Collegio ora non ha motivo di disattendere.

La decisione ha chiarito che, anche in ossequio al rigore introdotto da comma 1 bis dell’art. 46 del Codice dei contratti, sia preferibile in termini generali una diversa impostazione della questione.

<<E’ da premettere che nel caso in esame, non si versa nella diversa ipotesi di eterointegrazione del bando, posto che la disposizione poi non trasfusa nel modello di dichiarazione predisposto dalla stessa Amministrazione, è espressamente prevista nel disciplinare di gara.

<<In quel caso (cfr. T.A.R. Catania Sicilia sez. III, 25 luglio 2012, n. 1930) << i principi . . . in tema di eterointegrazione del bando, coerenti anche con la giurisprudenza più datata di questo stesso Tribunale (cfr. TAR Catania, I, 16.12.2010, n. 4747; 9.9.2008, n. 1632), consentono di poter concludere che . . . deriva l’esclusione dalla gara ove sia stata omessa la dichiarazione, seppur non prevista dagli atti di autoregolamentazione a pena di esclusione, relativa alla sussistenza dei requisiti generali soggettivi di cui all’art. 38 del Codice dei contratti, essendo possibile, ai sensi dell’art. 46 del medesimo Testo legislativo, integrare o completare soltanto le dichiarazioni presenti, intendendo per tali quelle contenenti i necessari elementi soggettivi ed oggettivi.

<<Il problema, come sopra chiarito, nel caso di specie, è diverso, poiché la richiesta di compilazione di un modello privo del riferimento alla norma, invece prevista sia dall’art. 38 Codice dei contratti che dall’atto di autoregolamentazione della gara, ha, di fatto, “spiazzato” i concorrenti (o, almeno, alcuni di essi), ingenerando la possibile convinzione che la diligente redazione della dichiarazione, così come confezionata dalla stazione appaltante, li avrebbe messi al riparo dall’esclusione dalla gara, come, per altro, espressamente indicato nel disciplinare>>.

Ed invero, osserva il Collegio che nel caso di specie, il disciplinare di gara, a pag. 6, in grassetto e preceduto da un “nota bene”, così si esprime: “N.B.: I concorrenti, al fine di agevolare le operazioni di gara, sono invitati ad utilizzare i modelli di istanza e dichiarazione predisposti dalla stazione appaltante e disponibili sul sito . . .”.

Tanto precisato, la predetta decisione ha ulteriormente chiarito <<che “in applicazione dei principi di favor partecipationis e di tutela dell’affidamento, non sia possibile che vada sanzionata con l’esclusione dalla gara la condotta del concorrente che abbia fedelmente ricalcato le indicazioni contenute nello schema di domanda predisposto dalla stazione appaltante” (cfr. T.A.R. Genova Liguria sez. II, 11 gennaio 2013, n. 69).

<< “L’eventuale incongruenza tra il modello di domanda e gli obblighi dichiarativi posti dalla legge a carico dei concorrenti”, continua il giudice ligure, avrebbe dovuto essere imputato <<“alla pubblica amministrazione che aveva messo a disposizione detto modello e non certo dell’impresa che, facendo affidamento sulla correttezza del medesimo, si era limitata alla sua puntuale compilazione>>.

<<In altri termini, così come ritenuto in una situazione praticamente sovrapponibile dalla Giurisprudenza richiamata dalla controinteressata . . . (cfr. Cons. Stato, III, 30.1.2012, n. 447), ove i concorrenti abbiano “reso una dichiarazione del tutto conforme a quella risultante dal modulo predisposto dall’Amministrazione (che faceva supporre la sua piena completezza rispetto alle dichiarazioni da rendersi ai sensi della legge di gara), sì che l’omissione della dichiarazione concernente l’assenza delle cause di esclusione di cui alla lettera m- ter) del citato comma 1, se pure prevista come causa di esclusione dalla legge di gara, non può in ogni caso portare alla esclusione del concorrente incorso nell’omissione, vertendosi in ipotesi di clausole della lex specialis contraddittorie, equivoche ed ambigue, tali da ingenerare l’errore in cui è caduto il concorrente nel rendere le dichiarazioni richieste dal bando a pena di esclusione (v., proprio per l’ipotesi di modulistica non conforme al disciplinare, Cons. St., IV, 5 luglio 2011, n. 4029)”.

<< Ne deriva che, a fronte di tale omissione, la stazione appaltante al più avrebbe dovuto consentire la regolarizzazione della documentazione di gara nel senso di integrare la dichiarazione incompleta risultante dal modulo predisposto (e ciò in applicazione dei principi in materia di favor partecipationis e di tutela dell’affidamento), ma in ogni caso non avrebbe potuto procedere all’esclusione, come invece pretendono le appellanti incidentali”.

<<Né appare, ad avviso del Collegio, dirimente quanto sostenuto ex adverso dalla citata giurisprudenza di questa stessa Sezione circa la possibilità, consentita dalla interpretazione ritenuta corretta dal Collegio, di giustificare l’errore, e non solo, dell’Amministrazione, posto che l’omissione che ha determinato la “confusione” nelle dichiarazioni costituisce un fatto generalizzato e, come tale, non volto a “favorire” posizioni individuali.

<<In ordine, poi, alla possibilità di concreta aggiudicazione a concorrente privo dei necessari requisiti, è appena il caso di osservare che quanto oggetto di dichiarazione, al momento dell’effettivo affidamento dell’appalto, va verificato e, quindi, non sembra potersi ipotizzare una sorta di “collusione” con imprese di dubbia moralità>>.

Tanto appare sufficiente, per ritenere infondata la censura.

III. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente ha sostenuto che la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa, poiché ha presentato, diversamente da quanto prescritto dall’art. 14 bando, un’offerta contenente soltanto tre cifre decimali (30,655%), piuttosto che le quattro ivi stabilite.

La controinteressata controdeduce che la disposizione non è prevista a pena di esclusione dagli atti di autoregolamentazione della gara e che, comunque, la norma (che siffatto modo di presentazione dell’offerta ha stabilito) sarebbe stata superata in sede di recepimento del codice degli appalti in Sicilia.

Premette il Collegio che la questione, a fronte della non assoluta chiarezza dell’intervento legislativo, merita di essere approfondita.

La disposizione in questione è stata introdotta in Sicilia dall’art. 1, comma 9, della L.R. 21.8.2007 n. 20, volto a regolare “modifiche ed integrazioni alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, come introdotta dalla legge regionale 2 agosto 2002, n. 7 e successive modifiche ed integrazioni”.

La stessa così espressamente recitava:

<< 9. Il comma 1 dell’articolo 21 della legge n. 109/1994, come introdotto dall’articolo 17 della legge regionale n. 7/2002 e successive modifiche e integrazioni, è sostituito dal seguente:

“1. L’aggiudicazione degli appalti mediante pubblico incanto è effettuata di norma con il criterio del prezzo più basso inferiore a quello posto a base di gara o con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il criterio del prezzo più basso inferiore a quello posto a base di gara è determinato, per tutti i contratti, sia a corpo che a misura, che a corpo e misura, mediante offerta espressa in cifra percentuale di ribasso, con 4 cifre decimali, sull’importo complessivo a base d’asta, da applicare uniformemente a tutto l’elenco prezzi posto a base di gara. Non si tiene conto delle cifre decimali successive alla quarta.”>>.

La disposizione è stata ulteriormente modificata dalla L.R. 3.8.2010 n. 16, avente ad oggetto, “modifiche ed integrazioni alla normativa regionale in materia di appalti”, il cui art. 3, così recita:

<<1. All’articolo 21 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come introdotto dall’articolo 17 della legge regionale 2 agosto 2002, n. 7 e successive modifiche e integrazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) Il comma 1 è sostituito dal seguente:

“1. Per i criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse si applicano le disposizioni degli articoli 81, 86 commi 1, 3, 3-bis, 3-ter e 4, 87 commi 2, 3, 4-bis e 5, 88 commi 1, 1-bis, 2, 3, 4 e 5 nonché il comma 9 dell’articolo 122 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modifiche e integrazioni. Il criterio del prezzo più basso inferiore a quello a base d’asta è determinato, per tutti i contratti, sia a corpo che a misura, che a corpo e misura, mediante offerta espressa in cifra percentuale di ribasso, con quattro cifre decimali, sull’importo complessivo a base d’asta, da applicare uniformemente all’elenco prezzi posto a base di gara. Non si tiene conto delle cifre decimali successive alla quarta”>>.

Quindi, la previsione relativa alle quattro cifre decimali è rimasta identica, mentre è cambiata soltanto la premessa della norma, con il rinvio, da parte della disposizione più recente, a quelle contenute nel codice degli appalti.

L’art. 1 della L.R. 12.7.2011 n. 12, volta, appunto a regolare il “recepimento del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modifiche ed integrazioni e del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e successive modifiche ed integrazioni”, così recita:

<<Art. 1 Applicazione della normativa nazionale.

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modifiche dalla stessa introdotte, si applicano nel territorio della Regione il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione della direttiva 2004/17/CE e della direttiva 2004/18/CE” e le sue successive modifiche ed integrazioni ed i regolamenti in esso richiamati e successive modifiche, fatta eccezione dell’articolo 7, commi 8 e 9, dell’articolo 84, commi 1, 2, 3, 4, 8, 9, 10, 11 e 12, dell’articolo 128 e dell’articolo 133, comma 8. In particolare, si applica il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 e le successive modifiche ed integrazioni, con esclusione delle parti riferibili alle norme del decreto legislativo 163/2006 espressamente dichiarate non applicabili in forza della presente legge. Entro il 31 dicembre 2011, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 12 dello Statuto regionale, saranno definite le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente capo.

2. I riferimenti al “Bollettino Ufficiale della Regione” e alla “Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana” contenuti nel decreto legislativo n. 163/2006 devono intendersi riferiti alla “Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana”; nel caso di riferimenti ad organi ed istituzioni statali deve farsi riferimento ai corrispondenti organi ed istituzioni regionali.

3. Sono fatti salvi l’articolo 3 della legge regionale 21 agosto 2007, n. 20, e l’articolo 7 della legge regionale 3 agosto 2010, n. 16>>.

L’impianto generale è confermato dall’art. 1 del D.P.Reg. 31.1.2012, n. 13, “Regolamento di esecuzione ed attuazione della legge regionale 12 luglio 2011, n. 12”, che, nella parte di interesse, così stabilisce:

<<Art. 1 Disposizioni generali.

1. Ai sensi dell’articolo 1 della legge regionale n. 12/2011, gli appalti di lavori, servizi e forniture sono disciplinati nella Regione siciliana nel rispetto delle prescrizioni poste dal decreto legislativo n. 163/2006 ed in specie degli articoli 4 e 5 dello stesso, nonché dal D.P.R. n. 207/2010, fatto salvo quanto diversamente previsto dal presente regolamento.

2. Tutte le disposizioni del presente regolamento trovano applicazione, salvo diversa previsione espressa, nei confronti della Regione siciliana e di tutti gli altri soggetti indicati all’articolo 2 della legge regionale n. 12/2011>>.

Da una prima lettura, così come sostenuto dalla controinteressata, sembra emergere che le uniche norme “salvate” dalla novella della l.r. 12/2011 sono l’articolo 3 della legge regionale 21 agosto 2007, n. 20 (e, quindi, non l’art. 1) e il solo articolo 7 della legge regionale 3 agosto 2010, n. 16 (e, quindi, non l’art. 3).

Tuttavia, l’art. 32 della medesima l.r. 12/2011, dispone, per quanto di interesse, che << con l’entrata in vigore della presente legge sono abrogati:

omissis

g) la legge regionale 2 agosto 2002, n. 7, con esclusione dell’articolo 42, comma 1;

omissis

m) l’articolo 1, commi 1, 2 e 7 della legge regionale 21 agosto 2007, n. 20;

omissis

o) gli articoli 1, comma 1, 2 e 3 della legge regionale 3 agosto 2010, n. 16>>.

Quindi, sia pure nella non assoluta chiarezza dell’intenzione del Legislatore regionale, è da ritenere che l’art. 3 della l.r. 16/2010, che contiene, in termini di decimali nell’offerta, la precedente previsione di cui all’art. 1, comma 9, della l.r. 20/2007, sia rimasto in vigore, non potendosi sostenere la sua abrogazione implicita, per altro, a fronte dell’inesistenza di una norma nel codice degli appalti dello stesso segno con esso contrastante (ed, invero, l’art. 74, nella qualificazione dell’offerta, nulla dice in merito ai decimali da apporre all’offerta, rilasciati, pertanto, alla previsione contenuta negli atti di autoregolamentazione).

E’ da dire, però, che la norma, non essendo stata richiamata espressamente (ma neanche abrogata) dalla l.r. 12/2011, non rientra nella previsione di cui al comma 6, dell’art. 11 del D.P.Reg. 31.1.2012, n. 13, secondo il quale << ai sensi dell’articolo 46, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 163/2006, la violazione delle prescrizioni scaturenti dalla legge regionale n. 12/2011 e dalle correlate norme del presente regolamento costituisce causa di esclusione>>.

Resta da verificare se comunque lo sia, posto che, in effetti, il bando di gara, pur richiamando nel criterio di aggiudicazione espressamente l’art. 1, comma 9, della l.r. n. 20/2007, riproducendone il contenuto, nulla dice in merito alla sanzione per il mancato rispetto di detta modalità di offerta.

Sul punto, questa Sezione (cfr. T.A.R. Catania, sez. IV, 16/12/2011, n. 3039), dopo aver premesso di ben conoscere <<quella giurisprudenza, . . . secondo la quale la mancanza di una o più cifre decimali non altererebbe il computo aritmetico, dovendo ritenersi sottintesa l’aggiunta di due zeri dopo le prime due cifre decimali>>, ha già avuto modo di chiarire che <<tuttavia, bisogna considerare che la richiamata disposizione interviene, tra l’altro, a modificare una norma precedente, che richiedeva invece l’indicazione di tre cifre decimali, potendo ben ritenersi che la disposizione in esame abbia voluto porre rimedio alla creazione di “cordate” di imprese che offrono tutte il medesimo ribasso. Ed infatti, la necessità di dover indicare una cifra di ribasso con ben quattro decimali renderebbe estremamente difficile sostenere che la eventuale coincidenza di più offerte sia dovuta a un caso fortuito.

Tale tesi è poi rafforzata anche dalla precisazione finale contenuta nella stessa disposizione, secondo la quale “non si tiene conto delle cifre decimali successive alla quarta”, inducendo a ritenere che nessuna deroga sia consentita al suo tenore letterale, che impone l’indicazione di quattro cifre decimali>>.

Aggiunge il Collegio che proprio tale tipo di indicazione, espressamente richiamata nel bando di gara, non solo qualificava l’offerta in maniera omogenea in Sicilia, ma, a fronte delle predette corrette considerazioni, era sorta proprio per evitare il fenomeno, estremamente ricorrente, delle “cordate” caratterizzate dalla medesima offerta di ribasso (ed oggetto di particolare interesse del Giudice di seconde cure, che, spesso, ha ritenuto di stigmatizzare in sede di decisione il fenomeno, investendo della questione il competente Giudice penale).

Tuttavia, il nuovo sistema di aggiudicazione delle gare introdotto dalla l.r. 12/2011 di recepimento della normativa nazionale, mutuato direttamente dal codice degli appalti, impedisce naturaliter che si raggiunga un parametro di ribasso sempre più “incomprimibile” come nel passato.

Ed infatti, mentre la L.R. n. 20/2007, prevedeva l’applicazione di un meccanismo matematico il cui inevitabile effetto era quello di determinare un restringimento sempre maggiore dell’arco delle offerte valide, sino a giungere – come è avvenuto nell’ultimo periodo – ad una assoluta identicità delle offerte di ribasso proposte dai partecipanti alle procedure di aggiudicazione, la disciplina nazionale, semmai, sembra orientare al continuo innalzamento della percentuale di ribasso.

Più analiticamente, il precedente criterio di aggiudicazione siciliano prevedeva, in somma sintesi, il c.d. “taglio delle ali”, pari al 50% delle offerte ammesse, una particolare procedura con l’estrazione di un numero compreso tra 11 e 40, che rappresentava la percentuale delle offerte di minor ribasso che ricadevano nel taglio delle ali.

Tale numero, poi, veniva sottratto al numero 50 e il risultato indicava la percentuale di offerte di maggior ribasso dei eliminare dal calcolo della media di aggiudicazione.

Il procedimento descritto, a tutta evidenza, mirava a rendere assolutamente casuale la distribuzione del taglio delle ali, al fine di scoraggiare eventuali “cordate” tendenti a condizionare il calcolo della media finale. Seguiva tutta una procedura improntata a impedire una preventiva conoscenza dell’incidenza dello scarto medio aritmetico nel calcolo della media di aggiudicazione al fine di rendere ulteriormente difficoltoso il condizionamento della media di aggiudicazione.

È da ritenere che siffatto meccanismo sia stato la causa di quel particolare fenomeno per il quale le offerte di ribasso presentare delle imprese siciliane si sono sempre più ravvicinate, sino a raggiungere un risultato finale, presente praticamente in tutte le gare.

In quest’ottica, risulta comprensibile, altresì, l’indicazione di ben quattro decimali nel ribasso, rivolta alla medesima finalità.

Venuto meno, si ribadisce, siffatto complesso sistema di aggiudicazione delle gare, anche quest’ultima finalità sembra non essere più necessaria.

Sicché, ad avviso del Collegio, pur non essendo stata, come chiarito, espressamente abrogata la norma che quest’ultimo obbligo sancisce, a fronte, per altro, del recepimento della diversa normativa nazionale, non può dirsi che la stessa costituisca un preciso obbligo nella formulazione dei bandi di gara e, conseguentemente, delle offerte.

Resta da verificare, se una volta che sia comunque inserita negli atti di autoregolamentazione, così come nel caso di specie, costituisca prescrizione imprescindibile, la cui inosservanza debba comportare l’esclusione dell’offerta, ovvero possa ritenersi possibile l’integrazione, non dell’offerta in sé, ma del ribasso considerando gli ulteriori decimali pari a zero.

Premesse le superiori considerazioni, ritiene il Collegio di dover aderire a quella Giurisprudenza (cfr. T.A.R. Palermo, sez. III, 24 luglio 2009, n. 1342), secondo la quale non vi sia <<alcuna ragione logico-giuridica per disporre l’esclusione dell’offerta, proposta con ribasso formulato con due cifre decimali: non può ritenersi violata la lex specialis stante la perfetta equivalenza (sia ai fini aritmetici che giuridici) dell’aver formulato il ribasso percentuale con un numero di decimali pari a due anziché pari a tre poiché la cifra decimale (la terza) che avrebbe dovuto seguire l’ultima indicata deve comunque ritenersi pari a zero e, dunque, tamquam non esset, ininfluente rispetto all’esito complessivo del calcolo della media delle offerte>>.

Il medesimo principio, sia pure nella sinteticità della motivazione, può trarsi dalle indicazioni del Giudice di seconde cure (CGA per la Sicilia, Ord. 30.9.2013, n. 743).

Conclusivamente, ritiene il Collegio che l’integrazione da parte del seggio di gara del ribasso contenuto in un’offerta, con l’aggiunta di uno zero finale, possa essere utilizzato sia per “sanare” un’offerta prevista da un atto di autolimitazione con un certo numero di decimali, purché, come nel caso di specie, tale ribasso sia concordemente (sia in lettere che in cifre) rappresentato con una quantità di decimali inferiore, sia per uniformare l’una all’altra (ad esempio, rispettivamente, 20,927% in ambedue i ribassi ove fosse stata prevista un offerta con quattro decimali, ovvero, nel secondo caso, 20,927 in cifre e 20, 9270% in lettere o viceversa).

Altrimenti, si verserebbe in un’ipotesi di indebita alterazione della volontà dell’offerente da parte dell’Amministrazione e, comunque, la fattispecie troverebbe regole e principi diversi per dirimere la questione.

Né, infine, è possibile condividere l’osservazione prospettata dalla ricorrente in ordine alla eventualità di una strumentale (e illecita) alterazione dell’offerta da parte di un’amministrazione “compiacente” mediante l’aggiunta della quarta cifra all’offerta che ne presenti soltanto tre, posto che, anche dall’osservazione diretta dell’offerta in questione, l’alterazione, certamente possibile nel numero espresso in cifre, dovrebbe comprendere anche quella in lettere.

Ed invero, nonostante l’eccessivo spazio lasciato nello schema tipo dell’offerta non sembra proprio che ciò sia possibile anche sintatticamente. L’offerta in questione, è pari a 30,655%, sicché, riportandola in lettere, non è possibile aggiungere alcun corrispondente numero; in lettere, infatti, da seicentocinquantacinque, dovrebbe diventare seimilacinquecentocinquanta (…), con chiara disarmonia dei dati.

Non cambia il ragionamento se si accede a un’ipotesi astratta.

Ciò in quanto, tenuto conto della necessità di esprimere il ribasso sia in lettere che in cifre, l’unica possibile alterazione è quella di lasciare, dopo la virgola, tutto “in bianco”, per il semplice motivo, si ribadisce, che l’espressione a tre cifre inizia, in lettere, con riferimento alle centinaia, quello a quattro alle migliaia, con evidente insanabile discrepanza espressiva.

Per completezza, l’unica possibilità di alterazione sembra quella di aggiungere non la quarta cifra, ma la prima dei decimali. La soluzione appare, però, improbabile a causa della necessaria continuità della scrittura.

Tanto é sufficiente per ritenere infondata anche la detta censura e, conseguentemente, per rigettare il ricorso.

La non assoluta pacificità delle questioni sollevate suggerisce al Collegio di disporre l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nelle camere di consiglio del giorno 21 novembre e 5 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Cosimo Di Paola, Presidente

Francesco Brugaletta, Consigliere

Pancrazio Maria Savasta, Consigliere, Estensore

 

27 Maggio 2014

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