ARNAS, Palermo: “giornata della trasparenza”. Tra i relatori anche l’avv. Ribaudo

In data 23 dicembre 2015 si è svolta, presso l’Azienda ARNAS di Palermo, la Giornata della Trasparenza.

Gli strumenti operativi e di programmazione su cui è stata improntata la giornata sono stati : il piano triennale per la prevenzione della corruzione (PTPC), che si ricorda essere vincolato al Piano Nazionale Anticorruzione (PNA), il Piano della Performance (P.P), che si correla agli obiettivi strategici ed operativi dell’Azienda, il Programma Triennale per la trasparenza e l’Integrità (P.T.T.I.), e il Codice Etico-Comportamentale.

All’interno della stessa, si sono susseguiti le relazioni di: dott.ssa Maria Grazia Furnari, Responsabile Ufficio per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza, dott. Giovanni Migliore, Direttore Generale della ARNAS Civico dott.ssa Luciana Giammanco Direttore Generale dell’Assessorato Funzione Pubblica e Responsabile Anticorruzione della Regione Siciliana, dott. Salvatore Pilato, Magistrato Procuratore regionale della Corte dei Conti della Regione Emilia Romagna, prof. Antonio La Spina, Docente LUISS – Roma,  l’avv. Giuseppe Ribaudo, dott. Giuseppe Carruba Responsabile Progetti e Ricerca dell’ARNAS, Dott. Giovanni Pagano – Associazione Libera, Professore Salvino Leone esperto in Bioetica e Componente del Comitato Regionale di Bioetica, Dott. Giuseppe Greco – Coordinatore della Consulta Regionale della Sanità, Prof. Pieremilio Vasta – Coordinatore del Team Work rete civica della Salute, Prof. Giuseppe Palazzotto Presidente CCA Arnas, l’avv. Silvia Valenti, la dott.ssa Cecilia Dolcemascolo dell’Ufficio Anticorruzione dell’ARNAS, la sig.ra Francesca di Cristina, dell’ufficio Anticorruzione dell’ARNAS.

L’avvocato Ribaudo  ha relazionato sul tema della “corruzione e discrezionalità amministrativa: il caso dei contratti pubblici”.

Pertanto, dopo il ringraziamento al dott. Giovanni Migliore per l’invito , l’avvocato ha sottolineato come l’occasione sia gradita per fare un apprezzamento per la sua azione gestionale, in una delle piu’ grandi e complesse aziende pubbliche sanitarie della nostra regione.
Nei saluti iniziali, inoltre, l’avv. ha fatto un plauso per l’organizzazione della giornata della trasparenza,momento di confronto di altissimo profilo per la crescita della cultura della legalità nell’ambito dell’esercizio dell’azione amministrativa.

-La corruzione e la discrezionalità amministrativa: il caso dei contratti pubblici
A partire dagli anni novanta, dopo i noti fatti di Tangentopoli,il Legislatore italiano ha contrastato la corruzione nei contratti pubblici attraverso la limitazione della discrezionalità amministrativa,così rinunciando all’efficienza delle procedure. Tale tendenza è cambiata con la legge anticorruzione del 2012, che ha previsto misure di prevenzione della corruzione trasversali in tutte le fasi della vita del contratto.
Purtuttavia, nel 2014 sono emersi importanti fatti di corruzione legati alla realizzazione di opere pubbliche,ad esempio, le opere di Expo Milano 2015 e quelle sulla realizzazione del Mose di Venezia,di recente, l’inchiesta “Mafia Capitale”, che ha messo in evidenza le contiguità tra l’Amministrazione comunale di Roma e una vera e propria organizzazione criminale organizzata.
Orbene, nell’immaginario collettivo il termine corruzione è associato a specifiche fattispecie di reato,oggetto del diritto penale, da contrastarsi sul piano della sola repressione. A tale accezione restrittiva del termine si affianca una nozione di corruzione più ampia, che fa riferimento a varie forme di malcostume politico e amministrativo, più propriamente da ricondurre al diritto amministrativo, che può essere prevenuta attraverso l’applicazione di misure riconducibili a tale disciplina. Secondo l’Anac(Autorità Nazionale Anticorruzione) e il Dipartimento della Funzione Pubblica, il termine“corruzione” deve essere inteso come comprensivo delle «situazioni in cui, a prescindere dalla rilevanza penale, rilevi il malfunzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite».
Non è facile fornire dati sulla corruzione nel settore dei contratti pubblici, dal momento che si tratta,ovviamente, di un fenomeno nascosto e non misurabile nel suo complesso.
Per avere un’idea della consistenza del fenomeno,precisando che si tratta di dati fondati sulla percezione degli intervistati e non di dati reali, può essere fatto riferimento allo speciale Eurobarometro del 2013. Tale sondaggio mostra la grande percezione della corruzione negli appalti, sia nel caso di autorità centrali che locali. Infatti, per il 70% degli intervistati italiani la corruzione è diffusa negli appalti pubblici gestiti da autorità nazionali, contro il 56% della media UE (solo il 9% afferma che sia rara e lo 0,7% che non esista). Per il 69% degli intervistati italiani, la corruzione è diffusa negli appalti gestiti dalle Autorità regionali o locali, contro il 60% della media UE (solo l’11% ritiene che sia rara e il 2% che sia inesistente).
La rilevanza del fenomeno corruttivo nel settore degli appalti si può desumere da alcuni riscontri empirici. Ad esempio, l’alta velocità in Italia è costata 47,3 milioni di euro al chilometro per il tratto Roma – Milano, 74 milioni a chilometro per il tratto tratta Torino – Novara, 79,5 milioni a chilometro per il tratto Novara-Milano e 96,4 milioni a chilometro per il tratto Bologna – Firenze. Tali dati sono allarmanti, considerando che analoga opera è costata appena 10 milioni a chilometro della tratta Parigi-Lione, 9,8 milioni a chilometro per il tratto Madrid – Siviglia e 9,3 milioni per il tratto della Tokyo-Osaka. È chiaro che tali differenze possono dipendere da molti diversi fattori di inefficienza e non necessariamente da fenomeni corruttivi ma il dato resta certamente allarmante.
L’esperienza ha anche insegnato che negli anni’90, successivamente ai noti fatti di Tangentopoli,si verificò un drastico abbattimento dei costi rilevato per la realizzazione dei lavori pubblici, probabilmente anche per effetto della nota inchiesta giudiziaria di “Mani pulite”. Ad esempio, è stato osservato che se la realizzazione del passante ferroviario a Milano nel periodo precedente a tali fatti (anni precedenti al 1992) era costata quasi 100 miliardi di lire a chilometro, per effetto dell’inchiesta, il prezzo sostenuto per i medesimi lavori si ridusse drasticamente anche in misura del 45-50%.
I dati riportati (a titolo meramente esemplificativo e senza alcuna pretesa di fornire una misurazione reale del fenomeno) danno però l’idea di quanto sia rilevante il problema della corruzione nella contrattualistica pubblica in Italia.
È in questo quadro che si inserisce la soppressione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici,servizi e forniture (AVCP) e il conseguente trasferimento dei compiti e delle funzioni dalla
stessa esercitati in capo all’Autorità nazionale
anticorruzione(ANAC), disposti ad opera del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, nonché l’attribuzione alla medesima autorità di nuovi poteri di vigilanza e sanzione.
Ed ancora, i poteri a questa attribuiti che discendono dalla L. 6 novembre 2012,n. 190, in materia di prevenzione della corruzione,dal D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, in materia di trasparenza e dal D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39, relativo
alle procedure sull’inconferibilità e incompatibilità degli incarichi nell’ambito della pubblica amministrazione.
Entrando nel merito in particolare nella relazione in ordine alla trasparenza negli appalti e negli acquisti: viene in rilievo“La corruzione in relazione alle fasi della vita dell’appalto pubblico”.
Tutte le fasi della contrattazione pubblica (da quella di preparazione e programmazione dei contratti a quella di progettazione, dall’aggiudicazione all’esecuzione) si prestano al verificarsi di fenomeni corruttivi. Tale affermazione trova conferma nello speciale Eurobarometro del 2013 che mostra che gli italiani ritengono le seguenti pratiche particolarmente diffuse nelle gare d’appalto pubbliche: capitolati su misura per favorire determinate imprese(52%); abuso delle procedure negoziate (50%);conflitto di interesse nella valutazione delle offerte(54%); turbativa d’asta (45%); criteri di selezione o di valutazione poco chiari (55%); partecipazione degli offerenti nella stesura del capitolato (52%);abuso della motivazione d’urgenza per evitare gare competitive (53%); modifica dei termini contrattuali dopo la stipula del contratto (38%).
Cercando di fare una breve analisi che tenga conto altresì dei rilievi fatti dalla (soppressa) AVCP nel corso degli ultimi anni, si possono individuare, senza pretesa di esaustività, una serie di istituti critici,che vanno collocati nelle diverse fasi della vita di un contratto pubblico. La fase precedente all’aggiudicazione, ovvero quella dell’individuazione del fabbisogno e della programmazione e progettazione dell’intervento, appare decisamente trascurata dal Legislatore, (soprattutto a confronto con quella successiva dell’aggiudicazione del contratto) ed è, invece, ad alto rischio di corruzione. I fenomeni più diffusi sono i bandi su misura e le specifiche tecniche su misura:una stazione appaltante, al momento della redazione della “lex specialis” di gara e dei documenti tecnici,che delineano il contratto di cui ha bisogno,potrebbe richiedere prestazioni, caratteristiche, requisiti che, seppur in apparenza pensati per una gara pubblica, in realtà sono predisposti “ad hoc” per una o più imprese pre-individuate le quali divengono le uniche concretamente candidate ad aggiudicarsi il contratto. In questo modo, si vanificano gli strumenti di trasparenza e di controllo predisposti per la fase di aggiudicazione determinando la violazione della concorrenza e degli interessi degli altri operatori economici, sostanzialmente impossibilitati a vincere la gara.
La fase di aggiudicazione del contratto appare anch’essa esposta al rischio di corruzione, seppure è quella più regolata a livello europeo e nazionale e più assoggettata alle regole di trasparenza e pubblicità,oltreché ai maggiori controlli anche giurisdizionali (per effetto del controllo incrociato tra concorrenti).
Purtuttavia, è di certo sproporzionata l’attenzione che il Legislatore dedica a tale fase, in comparazione con quella precedente della preparazione del contratto e con quella successiva dell’esecuzione. In tale fase, vi può essere l’elusione dei principi di gara. Sebbene, infatti, il Codice dei contratti pubblici e le direttive europee assicurino un’adeguata trasparenza dell’azione amministrativa in fase di aggiudicazione,corredata da opportuni controlli, vi sono casi in cui queste disposizioni vengono “legittimamente” derogate in nome di principi o esigenze considerati superiori. Il riferimento è alle deroghe per situazioni di urgenza o emergenza, che permettono all’Amministrazione di agire in maniera meno trasparente a causa della necessità di un intervento tempestivo e rapido. Altre
deroghe sono previste dallo stesso Codice, che esclude espressamente alcune categorie di contratti dall’applicazione delle proprie disposizioni, pur richiedendo il rispetto dei principi fondamentali della materia, fra cui la trasparenza e la pubblicità dell’azione amministrativa. Altra criticità è quella dell’abuso della discrezionalità dell’Amministrazione. Gli istituti dell’aggiudicazione del contratto caratterizzati da un’ampia discrezionalità sono particolarmente pericolosi per la stazione appaltante poiché rischiano di tradursi in un abuso di tale potestà di scelta da parte delle stesse. Il pericolo è ancora maggiore nell’ambito della contrattazione senza gara, dove la mancanza di pubblicità e di adeguati controlli, uniti alla scarsa concorrenza, rendono più esposta l’azione amministrativa.
Per tali ragioni si possono ritenere a rischio corruzione il momento della valutazione delle offerte; le procedure negoziate, soprattutto quelle senza una previa pubblicazione del bando; l’affidamento diretto,nel quale manca una vera e propria procedura ma è l’Amministrazione che sceglie discrezionalmente a chi affidare il contratto. Non meno pericolosa è, però, la tendenza opposta dell’eccessiva fiducia negli automatismi. Ad esempio,l’automatica esclusione delle offerte anomale è un criterio che non solo viola i principi di concorrenza e “par condicio” fra gli operatori, ma si presta altresì a forme di collusione tra gli offerenti che possono,accordandosi, manipolare a piacimento le soglie di anomalia; il criterio del prezzo più basso (a torto considerato come criterio più sicuro rispetto a quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa)può determinare il fatto che un operatore economico offra un prezzo molto basso per aggiudicarsi il contratto, consapevole che, poi, in fase di esecuzione, potrà farlo aumentare attraverso riserve e altre forme di compensazione.
Rispetto alla fase dell’aggiudicazione dei contratti,deve anche essere accolta favorevolmente la disposizione di cui all’art. 9 della l. 23 giugno 2014, n.89, che ha convertito con modificazioni il d.l. 24 aprile 2014, n. 66, che ha disciplinato la figura dei “soggetti aggregatori”per l’acquisizione di beni e servizi.
Peraltro, la portata di tale innovazione appare andare oltre l’obbiettivo dichiarato dal Legislatore della sola riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica.
La centralizzazione delle stazioni appaltanti è collegata tanto al tema dell’efficienza degli affidamenti, quanto a quello della lotta alla corruzione. Dall’altro lato, l’accorpamento delle centrali di committenza riduce il numero dei soggetti da controllare e monitorare.
La fase di esecuzione del contratto è senza dubbio la fase più critica, nella quale l’ANAC ha rilevato il maggior numero di segnalazioni. Anche la Commissione Europea ha osservato che «secondo studi empirici, in Italia la corruzione risulta
particolarmente lucrativa nella fase successiva all’aggiudicazione,soprattutto in sede di controlli della qualità o di completamento dei contratti di opere/-forniture/servizi».
Il motivo di tale permeabilità in tale momento è semplice: si tratta della fase della vita dell’appalto meno regolata, dove si ha una minore applicazione della trasparenza dell’azione amministrativa, una minore garanzia della concorrenza e, soprattutto, un minor numero di controlli.
Tale mancanza può giustificarsi in sede comunitaria,ove le direttive si occupano solo della fase della scelta del contraente, per il fatto che la fase di esecuzione di regola non pone un problema legato al mercato unico e alla concorrenza. Meno spiegabile è la scelta del Legislatore interno che all’esecuzione dei contratti di appalto dedica solo poche disposizioni.
Sono molteplici i momenti della fase dell’esecuzione del contratto che si prestano a forme di manipolazione dell’interesse pubblico in nome di interessi privati.
Uno di tali momenti è quello della modifica dei termini contrattuali dopo l’aggiudicazione: attraverso l’istituto delle varianti in corso d’opera si dà la possibilità all’Amministrazione e all’appaltatore di modificare, anche in maniera sostanziale, il contenuto del progetto inizialmente posto a base di gara o del contratto aggiudicato, vanificando in questo modo l’intera procedura pubblica eventualmente bandita; tali modifiche non sono sottoposte ad attenti controlli e spesso sono decise a seguito di un confronto personale fra la stazione appaltante e l’appaltatore, dunque, senza la pubblicità e la trasparenza necessaria.
Anche il subappalto presenta il rischio che l’aggiudicatario coinvolga nel contratto soggetti non qualificati e inaffidabili. Tale rischio dipende dalla discrezionalità della scelta dei subcontraenti, con la possibilità di eludere il principio di trasparenza e aumenta quanto più è lunga e articolata la filiera della subcontrattazione. Tali problematiche sono connesse anche all’avvalimento, istituto in forza del quale l’operatore economico che difetta di alcuni requisiti di carattere economico, finanzia rio,tecnico, organizzativo richiesti dal bando può usufruire di quelli che gli mette a disposizione un’altra impresa (c.d. ausiliaria) per potersi aggiudicare il contratto.
A bene vedere, in fase di esecuzione dei contratti, appare necessario garantire maggiore trasparenza e controlli più adeguati. È necessario che la trasparenza si traduca in misure concrete delle stazioni appaltanti, il cui operato deve essere conoscibile e conosciuto, anche attraverso la diffusioni del contenuto dei contratti e degli atti aggiuntivi
Orbene, la nuova disciplina anticorruzione, di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190, “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, ha ridisegnato la disciplina generale delle misure volte a prevenire e a reprimere la corruzione, intervenendo
su tre fronti: a) previsione di misure per prevenire e reprimere la corruzione nella p.a. (anche in materia di appalti e contrattualisticapubblica), con l’introduzione di nuovi istituti giuridici e la previsione di nuovi strumenti ad hoc (ad esempio, i Piani anticorruzione); b) delega per specifiche discipline attuative, ad esempio, in materia di trasparenza (da cui il successivo d.lgs. 33/2012 sulla trasparenza), per la costituzione di un Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (poi adottato con il d.P.R. n. 62/2013); per un nuovo regime delle incompatibilità (da cui il successivo d.lgs. n. 39/2013); c) modifica del vigente sistema di tutela penale della Pubblica Amministrazione, con un sensibile aumento delle pene.
La riforma ha decisamente potenziato le misure di prevenzione del fenomeno della corruzione, che ne costituiscono la caratteristica maggiormente innovativa.
In tale ambito assume una posizione centrale l’Anac (Autorità Nazionale Anti – Corruzione).
Tale Autorità assume compiti di amministrazione attiva, consultiva, ispettiva e di controllo, in un quadro di collaborazione con il Dipartimento della funzione pubblica e con un Comitato interministeriale previsto dall’art. 1, c. 4, della legge. Tra gli altri compiti, l’Anac approva il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) e illustra al Parlamento, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione sull’attività di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione e sull’efficacia delle disposizioni vigenti in materia.
Oltre alle misure generali anticorruzione che riguardano la generale attività amministrativa, che ovviamente si applicano anche al settore della contrattualistica pubblica, la Riforma ha previsto specifiche misure che riguardano tale settore.
Infatti, la riforma ha operato, in primo luogo sulla maggiore trasparenza e pubblicità dell’operato delle stazioni appaltanti, che è presupposto irrinunciabile della lotta alla corruzione. Ferme restando le disposizioni specifiche dettate dal Codice dei contratti pubblici, è stato previsto un contenuto minimo della pubblicità sui siti istituzionali delle stazioni appaltanti che riguarda la struttura proponente, l’oggetto del bando, l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte, l’aggiudicatario, l’importo di aggiudicazione, i tempi di completamento dell’opera o servizio o fornitura, l’importo delle somme liquidate. Per quanto specificamente riguarda le informazioni sui costi di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini, la Riforma rinvia ad uno schema tipo redatto dall’Anac. Spetta, inoltre, all’ Anac pubblicare le informazioni, obbligatoriamente ricevute dalle Amministrazioni nel proprio sito web all’interno di una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla tipologia di stazione appaltante e per Regione. L’elenco delle Amministrazioni inadempienti è trasmesso dall’Anac alla Corte dei conti entro il 30 aprile di ogni anno ed in ogni caso l’inadempimento comporta a carico della stazione appaltante l’irrogazione della sanzione prevista per la mancata ottemperanza alla richiesta di dati ed informazioni formulata dall’Autorità.
Sotto altro profilo, la mancata o incompleta pubblicazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni sopra elencate costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell’art. 1, c. 1, d.lgs. n. 198 del 2009, in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici (cd. Class action pubblica), oltre ad integrare in capo al soggetto inadempiente gli estremi
della responsabilità dirigenziale. Ulteriore addebito
sanzionatorio è previsto a carico dei responsabili del servizio che ritardino nell’aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici.
Altra linea direttrice su cui si è mossa la riforma in tema di contrattualistica pubblica è stata quella di ampliare i poteri negoziali delle stazioni appaltanti. I patti di integrità, richiamati anche dal Piano Nazionale Anticorruzione approvato con delibera Ci-Vit n. 72 dell’11 settembre 2013, sono espressamente previsti dall’art. 1, comma 17, della l. 190/2012, e rappresentano un complesso di regole di comportamento finalizzate alla prevenzione del fenomeno corruttivo e volte a valorizzare comportamenti eticamente adeguati per tutti i concorrenti.
Tale Patto si sostanzia in un documento che la Stazione appaltante richiede ai partecipanti alle gare e che permette un controllo reciproco e sanzioni per il caso in cui qualcuno dei partecipanti cerchi di eluderlo.
Anche i protocolli di legalità (già previsti, in via generale, dalla direttiva del Ministero degli Interni del 23 giugno 2010) sanciscono un comune impegno ad assicurare la legalità e la trasparenza nell’esecuzione di un contratto pubblico, in particolar modo per la prevenzione, il controllo ed il contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa, nonché per la verifica della sicurezza e della regolarità dei luoghi di lavoro. Nei protocolli le Amministrazioni assumono, di regola, l’obbligo di inserire nei bandi di gara, quale condizione per la partecipazione, l’accettazione preventiva, da parte degli operatori economici, di determinate clausole che rispecchiano le finalità di prevenzione indicate.
Mediante l’accettazione delle clausole sancite nei patti di integrità e nei protocolli di legalità, al momento della presentazione della domanda di partecipazione e/o dell’offerta, l’impresa concorrente accetta regole che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla gara e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, sanzioni di carattere patrimoniale, oltre alla conseguenza, comune a tutte le procedure concorsuali, della estromissione dalla gara.
La riforma si è anche mossa nel senso dell’affidabilità degli operatori economici che partecipano alle procedure di pubbliche di scelta del contraente.
Sono, infatti, state previste le cd. white list, ossia degli elenchi da istituire presso le prefetture di imprese operanti in settori di attività particolarmente esposti all’azione della malavita organizzata, conseguentemente da sottoporre a controlli periodici. L’istituzione obbligatoria presso ogni prefettura di elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori, riguarda i settori di attività maggiormente esposti a rischio di infiltrazione mafiosa. Agli elenchi sono iscritti gli operatori economici che dalle verifiche prefettizie non risultano soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa.
Talchè,l’iscrizione negli elenchi della prefettura in cui l’impresa ha sede soddisfa i requisiti per l’informazione antimafia per l’esercizio della relativa attività: gli accertamenti utili all’iscrizione nelle white list hanno infatti già completato la necessaria attività istruttoria.
Inoltre, si è ampliato il numero dei reati che giustificano la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 135 del d.lgs. n. 163/2006.
A seguito delle recenti inchieste penali che hanno riguardato il Mose di Venezia e Expo 2014, di Milano, con d.l. 26 giugno 2014 n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114, il Governo ha emanato ulteriori disposizioni volte a garantire un migliore livello di certezza giuridica, correttezza e trasparenza delle procedure nei lavori pubblici, che completano la Riforma del 2012. La prima grande innovazione è certamente quella che ha previsto la soppressione dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici – Avcp e l’assorbimento delle relative funzioni da parte dell’Anac. L’Autorità, già costituita con la l. n. 101 del 2013, dapprima ha ereditato le funzioni anticorruzione che la l. n. 190/2012 aveva attribuito alla Civit (già istituita con l. n. 150/2009), e quindi, il procedimento di modifica dell’assetto e funzioni dell’Anac si conclude con il d.l. n. 90 del 2014 con la soppressione dell’ Autorità di vigilanza dei contratti pubblici (Avcp) e l’attribuzione delle relative competenza all’Anac. Inoltre, la stessa legge toglie all’Anac la materia del controllo di performance delle amministrazioni (ereditate dalla Civit) e la trasferisce al Dipartimento per la funzione pubblica della presidenza del Consiglio dei Ministri. Dunque, oggi Anac è a tutti gli effetti un’Autorità preposta alla lotta alla corruzione in tutti i settori dell’attività amministrativa.
Inoltre, giova rammentare che,tra le misure anticorruttive disposte, rilevante è quella della previsione di misure amministrative nei confronti delle imprese responsabili di fenomeni di corruzione.
In particolare, l’art. 32 del d.l. n. 90/2014 prevede che nell’ipotesi in cui l’autorità giudiziaria proceda per i reati concussione, corruzione e turbativa d’asta ovvero in presenza di rilevanti situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico (compresi i concessionari di lavori ed i contraenti generali), il Presidente dell’Anac ne informa il Procuratore della Repubblica e, in presenza di fatti gravi e accertati, propone al Prefetto competente l’adozione dei seguenti provvedimenti alternativi: a) ordinare la rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto e, ove l’impresa non si adegui nei termini stabiliti, di provvedere alla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice, limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto o della concessione; b) provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto o della concessione. Nel caso in cui le indagini relative ai reati di cui sopra riguardano componenti di organi societari diversi da quelli destinatari dei provvedimenti di cui alle suddette lett. a) e b), è prevista la possibilità di adottare misure di sostegno e monitoraggio dell’impresa, attraverso la nomina, da parte del Prefetto di uno o più esperti (non più di tre), che devono fornire all’impresa prescrizioni operative.
In ultimo, può essere segnalato, sempre sul fronte della prevenzione della corruzione la previsione della trasmissione ad Anac, ai fini dell’adozione degli eventuali provvedimenti di competenza, delle varianti in corso d’opera di cui all’art. 132, c. 1, lettere b), c) e d), del Codice dei contratti pubblici, di importo eccedente il 10 per cento dell’importo originario del contratto. Tali varianti sono trasmesse all’Anac unitamente al progetto esecutivo, all’atto di validazione e ad apposita relazione del responsabile del procedimento all’Anac entro trenta giorni dall’approvazione da parte della stazione appaltante.
A ben vedere, a mio avviso, con le nuove misure descritte il legislatore ha costituito un cambiamento di tendenza rispetto al precedente assetto della normativa anticorruzione per il settore della contrattualistica pubblica, sembra avere preso atto che inefficienza e corruzione sono due mali diversi che vanno combattuti con gli opportuni diversi rimedi.
La corruzione deve essere combattuta senza rinunciare a priori all’efficienza dei contratti, attraverso misure che non limitino la discrezionalità amministrativa nelle procedure di affidamento, ingessando le regole della gara. La riforma della disciplina Anticorruzione, iniziata nel 2012 e probabilmente non ancora conclusa, sembra andare in tale senso. Sembra, dunque, in via di superamento l’idea (ereditata dalla legge Merloni fin dagli anni 90) che il rimedio contro la corruzione possa essere trovato dentro le regole “strictu sensu” delle procedure di aggiudicazione e attraverso il loro irrigidimento, con la riduzione al minimo della discrezionalità amministrativa.
Le misure anticorruttive degli ultimi anni, infatti, si collocano fuori dalla regolazione della gara e trovano il loro presupposto nella maggiore trasparenza dell’operato della pubblica amministrazione.
Non può non essere, inoltre, segnalato che molte disposizioni contenute nella legge anticorruzione e nel suo completamento costituito dal d.l. n. 90/2014 (norme sulla risoluzione dei contratti, sull’arbitrato, sul commissariamento delle imprese coinvolte in fatti corruttivi, misure di sostegno e monitoraggio dell’impresa, trasmissione all’Anac delle varianti, ecc.) riguardano la fase dell’esecuzione dei contratti che, come si è osservato, costituisce il momento meno trasparente e più critico della vita dei contratti pubblici.
Conclusioni:
Prospettive evolutive: il recepimento delle Direttive 2014/23/UE e 2014/24/UE
I fenomeni corruttivi emersi nel 2014 costituiscono l’esempio concreto del fallimento della regolazione della contrattualistica pubblica in Italia, tanto sul piano della lotta alla corruzione che su quello del perseguimento dell’efficienza. Da più parti ormai si invoca a gran voce una riforma della disciplina dell’intero settore e si è sviluppato un dibattito sulla
direzione da intraprendere.
Non vi è dubbio che l’occasione da cogliere sia quella del recepimento delle nuove direttive in materia di contratti pubblici (2014/23/UE sulle concessioni, 2014/24/UE sugli appalti, 2014/25/UE sui settori speciali), che dovranno essere recepite entro il mese di aprile del 2016.
Ciò induce a riflettere sulla stessa filosofia che dovrà ispirare i nuovi interventi del Legislatore.
Nel recepimento delle direttive occorrerà evitare l’errore commesso nel passato di tradurre una quantità relativamente modesta di norme europee (quelle della direttiva 2004/18/CE), praticamente autoapplicative, in centinaia e centinaia di complessi articoli del Codice dei contratti pubblici e del suo Regolamento attuativo.
Tale ipertrofia normativa è da molti considerata all’origine di inefficienze, ostacoli ed incertezze della disciplina di settore vigente nel nostro Paese.
Un ripensamento dell’intera materia della contrattualistica pubblica presuppone il perseguimento dell’efficienza e il contrasto della corruzione con misure diverse da quelle basate sulla privazione della discrezionalità amministrativa.
Le misure anticorruttive, che devono essere trasversali a tutte le fasi della vita del contratto, devono essere ideate fuori dalla gara e devono costituire un “ambiente” che renda difficile il perseguimento di interessi diversi da quello pubblico, garantendo il necessario presupposto della massima trasparenza. Da questo punto di vista appare apprezzabile la linea di tendenza seguita dal Legislatore a partire dal 2012 con la riforma della disciplina portata a compimento totale.
È chiaro, tuttavia, che per l’effettivo operare delle misure anticorruttive introdotte occorrerà mettere mano anche al sistema dei controlli (interni ed esterni) e, in particolare modo, a quelli giurisdizionali.
Dunque, l’occasione del recepimento delle nuove direttive non dovrà essere persa se si vuole sancire il definitivo cambio di rotta rispetto alle passate tendenze e pervenire ad un sistema degli appalti pubblici che sia non solo impermeabile alla corruzione (e ciò dovrà essere garantito dalle apposite misure anticorruttive che potranno essere previste a completamento della Riforma iniziata nel 2012) ma anche efficiente (e per questo, occorrerà pesantemente innovare nel Codice dei contratti pubblici).
Ciò suggerisce una visione nuova e più consapevole del rapporto tra legge ed amministrazione, fondato sulla responsabilizzazione di quest’ultima.
In ultimo mi sia consentito, rammentare che, negli ultimi tempi, gli occhi sono stati puntati dall’ANAC anche sulla sanità,con la determinazione n.12 del 28.10.2015 l’ANAC ha disposto l’aggironamento del piano nazionale, dedicando un intero capitolo alla Sanità. Del resto quasi, contemporaneamente il decreto legge 13 novembre 2015,n.179 ha disposto con la modifica dell’art.32 del dl. 90/2014,la introduzione di un nuovo istituto denominato “ misure straordinarie di gestione”, tale istituto estende la possibilità per una impresa che esercita attività sanitaria per conto del SSN di essere commissariata, nel caso di attività illecita corruttiva o raggiunta da interdittiva antimafia. Talchè, è scattato dopo appena 15 gg. Il primo commissariamento dell’ospedale israelitico di Roma.
L’attenzione sulla sanità è un atto dovuto, stante che trattasi di un settore molto esposto. Giova ricordare che, secondo il recente Kroll – Global Fraud report – 2015 – 2016, il 69 % delle aziende sanitarie è vittima di frodi.
Ed in questa direzione merita apprezzamento l’iniziativa dell’assessorato regionale alla Sanità che va nella direzione della centralizzazione della appalti e forniture nelle aziende siciliane.

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