C.G.A.R.S: ai fini della debenza del contributo unificato, il giudice amministrativo è competente ad accertare se i motivi aggiunti introducono domande nuove

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con sentenza n. 27 del 31 gennaio 2017, ha stabilito che l’accertamento circa l’ampliamento della domanda proposta con ricorso per motivi aggiunti rispetto alla domanda proposta con il ricorso introduttivo, non sfugge all’ambito della giurisdizione amministrativa.

In primo grado, Il T.A.R. ha affermato che “ la competenza a determinare la debenza e la quantificazione del tributo unificato spetta alla Segreteria Generale del Tribunale il quale deve valutare, anche alla luce del dictum della Corte di Giustizia sez. V sentenza 6 ottobre 2015, la sussistenza del presupposto impositivo consistente nell’ampliamento della domanda proposta con il ricorso per motivi aggiunti rispetto alla domanda proposta con il ricorso introduttivo regolarmente assoggettato a contributo unificato e quindi valutare l’assoggettabilità del ricorso per motivi aggiunti a ulteriore contributo”.

Tuttavia, la ricorrente, “pur ammettendo che la controversia sulla pretesa tributaria appartiene ad altro Giudice”, con l’appello ha chiesto che il Giudice adito accertasse almeno in via incidentale, nell’ambito del proprio governo delle spese complessive di giudizio, che il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti avevano identità di oggetto, o, comunque, che i secondi non ampliavano in modo considerevole l’oggetto della controversia già instaurata.

Il Collegio ha osservato che questa richiesta è tesa a promuovere un accertamento che nei suddetti termini non sfugge all’ambito della giurisdizione amministrativa. Sarebbe difatti singolare che l’accertamento richiesto fosse inibito proprio al Giudice che è chiamato dalla legge a esaminare il contenuto intrinseco degli stessi atti di parte (ricorso originario e successivi motivi aggiunti), e che per tale ragione nell’ambito del proprio percorso logico deve, quindi, necessariamente verificare in primis se s’imponga un’autonoma disamina dei motivi aggiunti, o invece questi non la richiedano poiché realizzano, come nel caso concreto, una dilatazione soltanto formale del thema decidendum.

Nulla osta dunque all’accoglimento della richiesta subordinata dalla ricorrente, potendo il Consiglio dare atto, nell’interesse di tutte le parti in causa, che i motivi aggiunti nella specie articolati non ampliavano nella sostanza l’oggetto della controversia.

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