Consiglio di Stato: parere sul decreto SCIA

Il Consiglio di Stato ha reso il parere

I punti principali del parere del Consiglio di Stato sullo schema di “decreto scia”

1. Le raccomandazioni generali sulla riforma di cui alla legge n. 124 del 2015
Il Consiglio di Stato riprende le considerazioni generali sulla importanza di una “riforma organica” della pubblica amministrazione di cui alla legge n. 124 del 2015 e sulla necessità di una ‘visione nuova’ della pubblica amministrazione, già esposte nel parere del 18 febbraio 2016 (n. 343/2016), sul “decreto trasparenza”, e ribadisce soprattutto:
•la rilevanza cruciale dell’implementazione della riforma, anche dopo l’approvazione dei decreti attuativi;
•l’importanza, in particolare, della creazione di una cabina di regia per l’attuazione ‘in concreto’, che curi anche gli strumenti ‘non normativi’ di intervento (quali: la formazione dei dipendenti incaricati dell’attuazione, la comunicazione istituzionale a cittadini e imprese sui loro nuovi diritti, l’adeguata informatizzazione dei procedimenti, etc.);
•l’importanza della “manutenzione” della riforma, attraverso una fase di monitoraggio e verifica dell’impatto delle nuove regole, nonché con la definizione, se del caso, di decreti correttivi, o di quesiti attuativi da porre al Consiglio di Stato.

2. La SCIA si riferisce ad attività ‘libere’ e non richiede alcun intervento preventivo della p.a.
Il parere opera una ricostruzione dell’evoluzione dall’istituto della SCIA e ne ricava indicazioni di principio, che possono indirizzare la successiva attività attuativa e interpretativa. Si conferma che le attività soggette a SCIA:
•sono ‘libere’, ‘consentite direttamente dalla legge’ in presenza dei presupposti normativamente stabiliti, senza più spazio per alcun potere di assenso preventivo della p.a.;
•sono ‘conformate’ dalle leggi amministrative, e quindi sottoposte a successiva verifica dei requisiti da parte delle autorità pubbliche, entro un termine stabilito.

3. Le parti della delega non esercitate
Il Consiglio di Stato rileva il mancato esercizio di due profili della delega:
– la ricognizione dei procedimenti soggetti a SCIA, a silenzio assenso, ad autorizzazione espressa e a comunicazione preventiva (indicata, invece, tra gli oggetti principali della delega). Tale “precisa individuazione” – richiesta dalla delega – va assolutamente effettuata con successivo decreto;
– la previsione dell’obbligo di comunicare ai soggetti interessati i “termini entro i quali l’amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda”. Tale adempimento può svolgersi già con il decreto in oggetto.

4. L’opportunità di novellare direttamente l’art. 19 della legge n. 241 del 1990
Il Consiglio di Stato suggerisce di introdurre le innovazioni della disciplina generale in materia di SCIA non in un decreto a sé, ma novellando direttamente l’articolo 19 della l. n. 241: la concentrazione della disciplina dello stesso istituto nella stessa legge la rende più sistematica e più facilmente conoscibile.

5. Il ‘nuovo paradigma’ nei rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni: i rapporti si consolidano dopo 18 mesi
Il parere ritiene che la legge n. 124 del 2015 abbia introdotto un ‘nuovo paradigma’ nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione, prevedendo un limite massimo di 18 mesi all’intervento “in autotutela”, dopo il quale si consolidano le situazioni dei privati.
Secondo il Consiglio di Stato, il legislatore del 2015 ha fissato termini decadenziali di valenza nuova, non più volti a determinare l’inoppugnabilità degli atti nell’interesse dell’amministrazione, ma a stabilire limiti al potere pubblico nell’interesse dei cittadini, valorizzando il principio di affidamento.
Tale ‘regola generale’ si rinviene nel nuovo testo dell’art. 21-nonies della legge n. 241.

6. Le applicazioni di tale ‘nuovo paradigma’ in materia di SCIA
Il ‘nuovo paradigma’ si applica anche alla SCIA, ma in modo diverso.
Difatti, per la SCIA non può parlarsi di ‘autotutela’ in senso tecnico, poiché essa costituisce un provvedimento ‘di secondo grado’ ed esso appare impossibile per la SCIA, dove il provvedimento iniziale manca del tutto.
Il nuovo art. 21-nonies detta piuttosto, per la SCIA, la ‘disciplina di riferimento’ per l’esercizio del potere ex post dell’amministrazione: un potere inibitorio, repressivo o conformativo da esercitarsi solo motivando sulle ragioni di interesse pubblico e sugli interessi dei destinatari e dei controinteressati oltre che, ovviamente, entro un termine comunque non superiore a 18 mesi per adottare il provvedimento definitivo.

7. Le perduranti esigenze di coordinamento per il legislatore delegato
Questo importante principio generale impone un’opera di raccordo con il resto della disciplina in materia di SCIA, per fugare i dubbi interpretativi che iniziano a emergere in dottrina e in giurisprudenza.
Tale intervento può essere fornito sia con una integrazione dello schema in esame sia con un successivo provvedimento.
Tra le varie questioni, il Consiglio di Stato segnala la necessità di precisare:
– quale sia il dies a quo per la decorrenza dei diciotto mesi dell’art. 21-nonies;
– se il limite temporale massimo di cui all’art. 21-nonies debba applicarsi o meno anche all’intervento in caso di sanzioni per dichiarazioni mendaci ex art. 21, comma 1 della l. n. 241;
– che, in fase di prima applicazione della riforma, il termine generale dell’art. 21-nonies debba valere per tutti i provvedimenti, anche precedenti all’entrata in vigore della legge n. 124, sembrando infondata l’interpretazione di una sorta di ‘rimessione in termini’ dell’amministrazione ad opera della riforma;
– che la regola generale dell’art. 21-nonies si applichi anche a provvedimenti che non sono formalmente definiti di “annullamento”, ma di “revoca”, “risoluzione”, “decadenza” o analoghe;
– quale sia la esatta delimitazione della (unica) fattispecie di deroga ai 18 mesi prevista dall’art. 21-nonies, comma 2-bis.

8. Il ‘principio di concentrazione e di esaustività della modulistica’
Il parere ritiene molto rilevante la previsione di “moduli unificati e standardizzati” per la SCIA, da pubblicare sui siti istituzionali delle amministrazioni destinatarie delle segnalazioni, che ne indichino esaustivamente i contenuti tipici, ma anche tutta la documentazione da allegare.
Se ne ricava, a livello interpretativo, un ‘principio di concentrazione e di esaustività della modulistica’, che impone che:
– i moduli siano effettivamente ‘unificati’ ed ‘esaustivi’, e non rinviino di fatto ad altri formulari presso altre amministrazioni;
– si introduca un chiaro divieto di richiesta di documentazione ulteriore rispetto a quella indicata dai moduli unificati: tutta la documentazione necessaria deve essere indicata ‘a monte’ nel modulo unificato; eventuali richieste istruttorie potranno solo evidenziare la mancata corrispondenza degli allegati presentati con quelli previsti in quella sede, non chiedere ulteriori documenti non indicati ex ante.

9. L’importanza di una ‘SCIA unica’
Il parere esprime il suo apprezzamento per la scelta di regolare la fattispecie, finora non normata, di attività soggette a SCIA che, tuttavia, per il loro svolgimento, necessitano di “altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche” (cd. SCIA ‘plurima’). La disciplina si ispira correttamente alla “concentrazione dei regimi” delle SCIA presupposte presso la SCIA finale. Resta, invece, ancora non risolto il caso in cui la SCIA abbia come presupposto non soltanto ‘requisiti di fatto’, bensì uno o più provvedimenti di autorizzazione.
Il Consiglio di Stato configura tre diverse opzioni, in parte anche cumulabili fra loro, che consistono in:
– escludere espressamente tali fattispecie dalla SCIA, concentrandosi solo sulla cd. ‘SCIA pura’;
– considerare anche i casi di ‘SCIA non pura’ e imporre esplicitamente che la presentazione della SCIA possa avvenire soltanto una volta acquisito l’atto autorizzativo presupposto, ‘a cura del privato’;
– prevedere che la presentazione della SCIA attivi un meccanismo per l’ottenimento dell’autorizzazione ‘a cura dell’amministrazione ricevente’, rinviando però l’avvio dell’attività al momento di tale ottenimento (trasformando di fatto, in questi casi, la ‘segnalazione di inizio di attività’ in una sorta di ‘richiesta di inizio di attività’, che potrebbe essere un modello complementare rispetto a quello della ‘SCIA pura’).
Tutte e tre queste soluzioni richiedono comunque un intervento sul decreto in oggetto: la scelta fra queste (e la preferenza tra i rispettivi vantaggi e svantaggi) va lasciata alla potestà normativa del Governo, che deve tener conto delle esigenze pratiche dei destinatari della riforma.

Clicca qui per il testo integrale del parere.

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