Corte costituzionale: il risarcimento del danno non è una tutela sufficiente per i”docenti precari”

La Corte Costituzionale, attraverso la sentenza 187 del 2016, mette fine a una questione lunga e duratura e fa chiarezza sulla legittimità della prassi delle istituzioni scolastiche di assumere docenti a tempo determinato facendo abuso di tale mezzo.

Nello specifico, infatti, tale pratica, seppur conseguente all’applicazione dell’art. 4 legge 124/1999 risultava illegittima poiché era tale da determinare una successione potenzialmente illimitata di contratti a tempo determinato risultando in tal senso in contrasto con le disposizioni comunitarie. In particolare, giova in questo senso sottolineare, che neppur i rimedi previsti nell’ordinamento potevano comportare la disapplicazione della norma in questione. Nello specifico, infatti, la norma europea non risultava self executing, pertanto non poteva comportare la disapplicazione della norma in questione né pertanto poteva essere risolutoria l’interpretazione adeguatrice.

Pertanto, la pronuncia del supremo collegio risulta necessaria ai fini della risoluzione della controversia in esame stante l’illegittimità dell’abuso dei contratti a tempo determinato e dell’inefficenza del risarcimento del danno quale unico rimedio previsto per i docenti “precari”.

Innazitutto, nella pronuncia, viene ribadito l’impossibilità per la Corte di rideterminare il contratto considerata la vigenza dell’art. 97 della Costituzione in virtù del quale, per i principi di buon andamento e imparzialità, viene ritenuto necessario un concorso pubblico per poter accedere a tali cariche.

La Corte, pertanto, stante quanto premesso, ritiene che il legislatore si stia muovendo nella giusta direzione, considerato che nelle ultime disposizione normative promuove la necessità di superare tale prassi che danneggia in maniera evidente il docente.

Nello specifico,  la legge 107 del 2015 ha previsto, attraverso la modifica dell’art. 131, che i contratti a tempo determinato stipulati col personale…. Presso le istituzioni scolastiche e statali, per la copertura di posti vacanti disponibili, non può superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi”.

Quindi, in primis, il legislatore sancisce l’impossibilità del proliferarsi dell’abuso del contratto determinato introducendo il limite massimo di tre anni anche non continuativi.

Inoltre, in base al comma 109 dell’art. 1 della suddetta legge, il Parlamento ha così previsto un piano straordinario di assunzioni destinato “alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto” con lo scopo di garantire l’intera massa di docenti precari garantendo loro la possibilità di fruire di un accesso privilegiato al pubblico impiego fino al totale esaurimento delle graduatorie ad esaurimento, permettendo loro di ottenere stabilizzazione grazie a meri automatismi (graduatorie) ovvero a concorsi riservati.

La Corte, pertanto, ritiene che tale disposizione sia in linea con quanto previsto dalla Corte di Giustizia, considerando che sia una garanzia maggiore per il docente la possibilità di un’immissione in ruolo anzicchè un mero e unico risarcimento.

Ed ancora, tali disposizioni, permettono al sistema scolastico di avere una maggiore organizzazione e unicità evitando l’abuso dei contratti a tempo determinato.

Infine, va sottolineato che tale piano straordinario di assunzione non va applicato al personale ATA: la Corte, specifica, che stante l’assenza di disposizioni interne, che non hanno previsto alcunché spetta loro un risarcimento del danno determinato, appunto, dall’illegittimità dell’abuso del contratto a tempo determinato in quanto irrispettosi di norme e principi comunitari.

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