L’interdittiva antimafia non è tra le cause escludenti di cui al d.lgs 163/2006

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4844/2021, dispone che la misura interdittiva antimafia non è riconducibile al novero delle cause escludenti di cui all’art. 38, comma 1, lett. b) e m), d.lgs. n. 163/2006.

Il T.A.R. (prima ancora del Consiglio di Stato nella sentenza in commento), dopo aver rimarcato la natura (non sanzionatoria ma preventiva) dell’interdittiva antimafia e richiamato il disposto dell’art. 38, comma 1, lett. m), d.lgs. n. 163/2006, applicabile ratione temporis, ha evidenziato, in chiave reiettiva, che “secondo l’orientamento della giurisprudenza formatosi nella vigenza della predetta norma “l’interdittiva antimafia non è […] un requisito (di ordine generale) ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, ovvero una caratterizzazione soggettiva dell’impresa, ma produce gli effetti di una misura di prevenzione finalizzata a negare l’accesso alle commesse pubbliche alle imprese sospettabili di connessione con la criminalità organizzata. Ove gli effetti di un tale sospetto, formalizzati nel provvedimento interdittivo, vengano meno, cessa la ragione stessa della inabilitazione e la sua (temporalmente) circoscritta previgenza non preclude la stipula del contratto, né, a maggior ragione, impone l’esclusione o la revoca dell’aggiudicazione. Del resto, il non essere stato destinatario di un’interdittiva antimafia non è condizione che la legge eleva a requisito generale di qualificazione alle procedure di evidenza pubblica)”.

Allo stesso modo, la Sezione non ha condiviso il richiamo ai principi giurisprudenziali secondo i quali l’informazione antimafia incide sulla capacità giuridica del suo destinatario, il quale, per effetto di tale misura interdittiva, non può essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive che implichino rapporti giuridici con la P.A. (Cons. Stato, A.P., n. 23/2020).

Il Collegio ha peraltro osservato “che il pur indiscusso principio di continuità del possesso dei requisiti di partecipazione, in quanto principio generale del procedimento di gara (necessariamente destinato, quindi, ad essere adattato alla specificità della fattispecie che venga di volta in volta in rilievo), deve essere inteso ed applicato in coerenza con i concorrenti principi di ragionevolezza e proporzionalità, aventi rango non subordinato ai fini della disciplina (per gli aspetti non compiutamente regolamentati in via legislativa) del procedimento selettivo. Corollario di tale rilievo è che la pur accertata discontinuità nel possesso del requisito, tanto più laddove esso non appartenga all’ambito dei presupposti soggettivi di partecipazione legislativamente tipizzati, non è suscettibile di determinare l’esclusione del partecipante alla gara, quando – vuoi per la durata dell’interruzione, vuoi per altre ragioni – essa non abbia concretamente determinato alcun vulnus all’esigenza dell’Amministrazione di instaurare rapporti contrattuali con soggetti affidabili e qualificati”.

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